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Crisi di governo, la data del voto di fiducia: su Conte decide il Parlamento. Caccia ai responsabili

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I governi nascono e muoiono in Parlamento e anche con la crisi del governo di Giuseppe Conte, saranno le Camere a stabilirne le sorti. Il premier sale di nuovo al Quirinale, un colloquio per informare il capo dello Stato, Sergio Mattarella, dell'ulteriore evoluzione della crisi di governo. Ieri il tentativo in extremis, poi fallito miseramente, di ricucire con Matteo Renzi, oggi la decisione, comunicata dall'inquilino del Colle di voler parlamentarizzare la crisi e non procedere con le dimissioni. Mattarella ne prende atto: l'esecutivo rossogiallo, senza Italia viva ha deciso di non coinvolgere il capo dello Stato e tentare il tutto e per tutto. Anche con una manciata di responsabili pronti a supplire numericamente all'uscita dei renziani dalla maggioranza. E sarebbe ancora una volta Conte 2, non un nuovo governo che avrebbe solo bisogno - con il sostegno del Parlamento - di sostituire due ministre dimissionarie. Senza colpo ferire.

Mattarella quindi resta ancora alla finestra e registra la volontà dei partiti, definendo le comunicazioni del premier che si terranno lunedì e martedì un "indispensabile chiarimento politico". L'evoluzione della crisi, tuttavia, in questa fase non lo coinvolge come prima attore e forse non dovrà farlo. Non è insomma ancora il momento di dover intervenire perché la strada unica percorribile, quella dettata dalla Costituzione, è attendere che il governo, i partiti e il Parlamento si esprimano. Quello che Mattarella aveva da dire lo ha ribadito forte e chiaro ieri invitando il premier a "uscire velocemente dall'incertezza". Non perdere tempo e riprendere quindi in mano i dossier di cui il Paese ha disperatamente bisogno per avviare la "ricostruzione" di cui ha bisogno essendo ancora in piena pandemia. Nulla deve essere accantonato e su questo punto maggioranza e opposizione, sia alla Camera che al Senato, hanno risposto presente. Nessun provvedimento subirà ritardi, in primis lo scostamento di bilancio e il decreto ristori, e anche Renzi ha assicurato che ci sarà.

A questo punto la strada appare sempre più segnata. Con i renziani fuori dalla maggioranza, il governo avrà bisogno della fiducia dei responsabili, soprattutto in Senato. E' noto che il presidente non veda di buon occhio un governo fondato su una maggioranza 'raccogliticcia', ma in questo caso, qualora Conte ottenga la fiducia a Camera e Senato, anche con un gruppo di 'salvatori' improvvisati per l'occasione, Mattarella non potrebbe opporsi. Si procederebbe come fece Napolitano con Berlusconi dichiarando semplicemente che "la crisi è rientrata". In caso contrario Conte sarebbe costretto alle dimissioni e non potrebbe più spendere il suo nome per un eventuale governo. La sua esperienza si fermerebbe al bis. Stando così le cose entrerebbe in scena Mattarella convocando le consultazioni, per verificare l'esistenza di una maggioranza in Parlamento, ma a questo punto dovrebbe anche presentare il nome di un nuovo premier.

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