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Così l'Oms snobba l'Italia. In Cina senza i nostri scienziati

Francesco Storace
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A un passo dagli ottantamila morti, ma ci considerano come gli ultimi della terra. L’organizzazione mondiale della sanità va da giovedì prossimo finalmente in missione in Cina – dopo una serie di discussioni con il regime che non gradiva - e la sorpresa è che non c’è l’Italia nella delegazione scientifica. Per l’Oms probabilmente non valiamo nulla.

Tra i dieci esperti in missione, sono previsti americani e inglesi, che vantano pure numeri considerevoli di vittime del Covid: 374mila morti americani e 81mila quelli del Regno Unito. Ci sarà l’esperto russo, 60mila i decessi nella federazione, e quello tedesco, con la 41mila vittime della Germania.
Poi Paesi Bassi (12300 morti), Giappone (3850), Danimarca (1570), Australia (900), Qatar (246) e Vietnam (50...).

 

Scienziati italiani non sono previsti. Il che dovrebbe far riflettere. Perché è importante essere in quei contesti.

«Ricerche congiunte assieme agli scienziati cinesi sulle origini del Covid-19»: questo è il tema della missione, ma l’Italia non ci sarà. Il Paese «vanta» il numero due dell’organizzazione, Ranieri Guerra, e il consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi, che si diceva essere autorevole esponente dell’Oms: ci hanno portato questo regalo in dote.

Eppure, sarebbe importante guardare direttamente quello che è successo. Ad esempio, conoscere quali sono le procedure concordate con le autorità di Pechino per l’accesso alle informazioni da cercare.
E visto che non siamo presenti nella delegazione Oms, come saremo informati e in quali tempi? E ancora: l’Italia sa già quali domande saranno poste alla parte cinese?

A Ginevra – sede dell’organizzazione – dovrebbe essere ancora fresca la ferita. Perché nel bel mezzo della pandemia – addirittura a giugno – emerse grazie all’Associated Press la notizia dei gravi ritardi della Cina nel rilascio di informazioni su quanto accadde da Wuhan in poi.

 

E se da quelle parti si va solamente adesso per tentare di scoprire origine e diffusione del coronavirus diventa davvero inaccettabile l’esclusione di un grande paese europeo che ha pagato un tributo enorme al Covid-19.
Abbiamo diritto ad avere informazioni precise su un virus che ha decimato le famiglie italiane. È partito effettivamente da Wuhan? Oppure – come sostiene Pechino – è arrivato dalle importazioni di prodotti surgelati con un carico proveniente dalla Russia?

Notizie che servono a ricostruire con precisione quanto accaduto e se c’è stata anche qualche «manina» a cui è sfuggito ogni controllo. Il lavoro degli esperti dell’Oms durerà circa sei settimane sotto l’occhio vigile delle autorità locali e chissà quanti ostacoli potranno essere messi all’accertamento della verità.

Sospetti che sono fondati proprio per i precedenti sul tema, a partire dalla scoperta – tardiva – del coronavirus. Troppe ambiguità e reticenze: nei corridoi dell’Oms fin dalla prima ondata si è puntato l’indice contro Pechino per quelli che sono stati definiti «consapevoli ritardi nella comunicazione dei dati scientifici e della gravità del virus».

A Ginevra si tende a evidenziare che non si è mai voluto alzare ufficialmente il tiro contro la Cina per convincere il gigante asiatico a fornire tutte le informazioni del caso. Ma ora non si può più tacere. E l’Italia – seppure incredibilmente assente – farebbe bene a far sentire forte la propria voce.

Perché tra dicembre e gennaio le notizie cominciarono a circolare – e c’è chi fa risalire il tutto anche a qualche tempo prima – e si è perso tempo prezioso che sarebbe potuto servire ad arginare la pandemia, che dopo aver attaccato l’Italia è esplosa in larga parte del mondo. Ma in Cina noi non potremo chiedere conto di quanto accadde. 

Al ministero della Salute, a cui ci siamo rivolti per avere lumi, sembrano cascare dalle nuvole. Come se non esistesse documentazione sulla missione della delegazione dell’Oms in Cina. Pazzesco.
 

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