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Piano pandemico, la Procura di Bergamo convoca i vertici del ministero della Salute

Notifiche a Claudio D'Amario, ex responsabile della Prevenzione, e a Giuseppe Ruocco, attuale direttore generale

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In Italia esisteva un piano anti-pandemia aggiornato alla primavera del 2020, quando i primi casi di Covid-19 sono stati individuati in Lombardia e Veneto? Era stato attivato nel 2006, quando si parlava soprattutto di influenze e la pandemia globale era ancora solo un'ipotesi degli scienziati? E il 5 gennaio, quando l'Oms ha avvisato di metterlo in atto, è stato fatto o no? Sono queste le questioni sulle quali la procura di Bergamo, che da mesi indaga sulla mancata istituzione della 'zona rossa', cercherà di rispondere grazie all'aiuto di alcuni dirigenti del ministero della Salute.

Nel tentativo di fare luce su una lunga serie di dubbi, i pm hanno deciso di ascoltare direttamente l’attuale direttore generale Giuseppe Ruocco, predecessore alla Prevenzione di Ranieri Guerra, che a sua volta nel 2018 aveva lasciato l'incarico dopo la nomina a direttore vicario dell'Oms.

Verrà ascoltato anche Claudio D’Amario, l’ultimo dirigente in ordine di tempo a ricoprire lo stesso ruolo. É stato lui a seguire da vicino tutte le fasi dell'emergenza Coronavirus, prima di prendere le redini, in qualità di dirigente, dell'assessorato al Welfare della Regione Abruzzo.

Sia Ruocco che D'Amario sono stati convocati a Bergamo tra due settimane e verranno sentiti a verbale dal pool di magistrati coordinato dal procuratore capo Antonio Chiappani. Lo stesso provvedimento è stato recapitato anche ad altri due dirigenti coinvolti nella preparazione del Piano. Tutti saranno sentiti come persone informate sui fatti.

Non è escluso che i pm bergamaschi possano convocare nuovamente anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, sia sul caso del Piano pandemico non aggiornato, sia sullo studio dell’Oms che citava proprio quel mancato aggiornamento da parte del nostro Paese. Rapporto che, dopo la pubblicazione, è rimasto appena 24 ore sul sito dell'organizzazione internazionale e poi è 'scomparso'.

E proprio della 'sparizione' dello studio ha parlato a lungo, ai magistrati e ai giornalisti, il ricercatore dell'Oms Francesco Zambon, di stanza nella sede di Venezia dell'organizzazione. É stato lui, in primavera, a coordinare un team di colleghi e a mappare la risposta italiana nelle prime fasi della pandemia. Risposta definita dal documento "caotica e fantasiosa", soprattutto per quanto riguarda gli ospedali, travolti da un'ondata inaspettata di pazienti. Tutte situazioni fotografate nello studio dell'Oms di cui Zambon ha curato la stesura, 'cancellato' dal sito appena 24 ore dopo la pubblicazione. La ragione? Per Zambon sarebbe stato Ranieri Guerra a fare pressione sui vertici dell'Oms perché ritirassero il rapporto. In una lunga intervista a 'Non è l'Arena' su La7, il ricercatore ha spiegato che, in vista della diffusione del documento, Guerra lo aveva contattato chiedendogli “di falsificare qualcosa in un periodo in cui lui era stato direttore della prevenzione al ministero". In pratica, secondo Zambon, l'obiettivo era quello di postdatare il piano pandemico italiano per farlo sembrare aggiornato al 2016.

Zambon, invece, nel rapporto sulla situazione italiana nelle prime fasi della pandemia aveva chiarito che il piano era stato unicamente "confermato" e non ripensato e rivisto, come sarebbe dovuto accadere. Una eventuale mancanza la cui portata potrebbe essere stata disastrosa: adesso valutarne l'impatto spetterà ai magistrati bergamaschi.

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