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Quell'inutile polemica sulla pasta abissina

Francesco Storace
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Altro che il Molise non esiste, come ogni tanto farfuglia qualche spiritoso. È insorto persino l’antifascismo nostrano contro la pubblicità di una pasta meravigliosa prodotta dal pastificio La Molisana, che ne ha descritto il gustosissimo sapore littorio… Comunicazione geniale che al massimo dovrebbe far imbestialire qualche centro sociale di quelli che preferiscono la droga al buon cibo.

Apriti cielo, si è scatenato il mondo della pastasciutta partigiana, il ragù è diventato lo strumento della resistenza gastronomica. La campagna molisana come la Valtellina, ecco i nemici del popolo...Più omaggio storico che culinario, tutto questo ha mandato di traverso la digestione a mezza sinistra italiana. Presentando Abissine, Tripoline, Bengasine e Assabesi, la comunicazione del pastificio ha pubblicizzato la pasta degli anni Trenta con quei nomi attribuiti per rendere onore alle città conquistate in Libia e nel Corno d'Africa. Salvo poi fare una retromarcia più su Campobasso che su Roma alle prime avvisaglie di guerriglia social.

Rossella Ferro, responsabile marketing, ha detto, tutta impaurita: «Non abbiamo alcun intento celebrativo quando parliamo di questi formati storici, nati negli anni '30. Abbiamo appena provveduto a cambiare le schede descrittive dei prodotti, siamo molti attenti alla sensibilità dell'opinione pubblica e in questo caso l'unico errore è stato non ricontrollare tutte le schede affidate all'agenzia di comunicazione. E invece è la conferma che non si può perdere di vista nemmeno un dettaglio, non volevamo affatto celebrare quel periodo storico», ha concluso. Non merita nemmeno la cucina, una così. Non sa che si perde, potremmo dirle.

Eppure la polemica divampa e la stronca nettamente Giovancarmine Mancini, vecchia gloria della destra molisana: «Le abissine al deciso sapore littorio divennero indigeste a tutte le zecche, che notoriamente si nutrono d’altro»…chissà se pensava alle sardine…

Riemerge dall’assenza di notizie pure il solito Paolo Berizzi, che su Repubblica indossa l’immancabile scafandro indignato e sentenzia che «derubricare a folklore vuol dire normalizzare una schifezza infilandola nella banalità». Non sorride mai, costui. È perennemente alla ricerca del fattaccio nero e non conosce neppure il condimento di quella pasta tanto buona. Gli fanno (tristissima) compagnia una serie di personaggi che scatenano la sassaiola contro La Molisana (che diventa subito Nera come il riso alle seppie) perché non mandano giù l’oltraggio all’immancabile Resistenza. Roba da far venir voglia di aspettare la zona gialla per poter viaggiare in Molise e innaffiare con buon vino nero tanta bontà della natura. Per poi ricambiare il tutto con un pranzo con i fiocchi presso il Federale di Artena, in provincia di Roma. Oppure si potrebbe aprire un ristorante nei pressi di quel Foro Italico che Laura Boldrini sognava di abbattere perché aveva impresso il nome di Mussolini.

Una polemica davvero infantile su una trovata comunicativa straordinaria se ha prodotto tutto questo in un battibaleno. E pazienza se queste cose mandano a ruba i prodotti che sono collegati al Ventennio. A Natale abbiamo appreso del successo editoriale di Bruno Vespa per aver scritto il libro «L’Italia che amò Mussolini». L’aveva raccontata anche Renzo De Felice, col calibro di uno storico indipendente e la sinistra lo linciò. Ma ci sono fatti della storia che sono riconosciuti non per reiterarli, ma per apprezzarli nel contesto in cui maturarono. E solo chi è fazioso non lo comprende e sarebbe pronto persino al digiuno pur di non vedere a tavola tutto quel ben di Dio.

Poi, poco importa a costoro che la pasta sia ottima con tanto di 100% di grano italiano. Sono quelli che si farebbero ammazzare dal Covid piuttosto che farsi iniettare un Vaccino intitolato al nome di Guglielmo Marconi. Che poi già si deve sopportare l’abbandono di Littoria per Latina. Non è che ci volete far rinunciare anche ai nomi di Pontinia e Sabaudia? Non ditelo a Nicola Zingaretti, che nel Lazio deve finanziare le città di Fondazione per una legge regionale dovuta al bieco regime che si insediò tra il 2000 e il 2005.

La domanda è: ma questa sinistra italiana non ha proprio più nulla a cui pensare? Ogni volta entra in maniera sguaiata nelle polemiche di carattere storiografico solo per intimidire chi vive con complessi di inferiorità. Non si preoccupi la proprietà della Molisana. La sguaiatezza rossa produrrà un grande fatturato alla pasta di cui si discute con tanto ardore sui social, che sarà apprezzata ancora di più. Perché non c’è nulla di più bello che sfottere quelli che nun ce vonno sta’.
E poi, in fondo, quale è stato l’unico Capo di Governo che trebbiò il grano? Non vorrete mica strappare quelle straordinarie fotografie. Rappresentano un’Italia che c’è stata e che tutti dovrebbero saper rispettare a prescindere dalle proprie idee. Se l’odio si può chiamare idea…

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