Governo, operazione scuola già fallita. Studenti e professori nel caos
A 48 ore dalla riapertura prevista nessun istituto sa cosa accadrà e ogni Regione farà di testa sua
Oggi 5 gennaio, vigilia dell'Epifania, nessuno studente in Italia sa ancora cosa dovrà fare dopodomani, 7 gennaio. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sostiene che riapriranno tutte le scuole con gli studenti in presenza. Un suo decreto legge sostiene che di questi il 75% sarà in presenza, e il 25% continuerà a casa con la didattica a distanza. Però l'accordo fatto con le Regioni solo qualche giorno fa ha ridotto quella percentuale: 50% a casa e 50% in presenza. Ieri si sono svegliate le Regioni e ognuna ha annunciato (ma l'annuncio non è una decisione formale) una cosa diversa: chi vuole tenere le scuole chiuse fino al 15 gennaio, chi fino al 18, chi fino al 31, chi fa rientrare le elementari e non le superiori, chi non fa rientrare nessuno, chi riapre tutto dopodomani. Il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, preme per riaprire fra due giorni e cita a suo sostegno insieme al M5s un rapporto dell'Iss che direbbe come i contagi non avvengano a scuola, dove si sono registrati appena il 2% dei focolai trovati in Italia. Insomma, è un caos assoluto: l'immagine più chiara di come questo Paese non abbia alcun tipo di governo e proceda a tentoni, alla carlona.
Conte aveva provato a scaricare su altri la scelta, chiedendo ai prefetti di trovare soluzioni su come aprire le scuole convocando tavoli con le varie parti e cercando soluzioni per mettere in sicurezza il trasporto a scuola. Quei poveretti l'hanno fatto e non avendo grandi soldi a disposizione hanno puntato soprattutto sulla diversificazione degli orari di ingresso e uscita degli studenti, per non ammassarli nello stesso momento sui mezzi pubblici. Una scelta voluta dal premier che avrebbe presupposto una decisione sulla riapertura di ogni prefettura. Invece quelle non possono decidere un accidente di nulla, e quindi è stato semplicemente un modo per buttare via tempo ed energie.
E' incredibile che ad oggi nessun preside, nessun docente, nessun genitore e nessuno studente sappia ancora se e come dovrà tornare a scuola fra due giorni. Ma almeno si renderà conto di chi c'è al governo, traendone le conseguenze quel giorno lontanissime in cui forse ancora verrà restituito il potere di scelta a tutti. Ma per prendere quella decisione sarebbero servite due informazioni fondamentali: quanto ha pesato sulla scuola la seconda ondata di contagi e quale è stato l'eventuale tallone di Achille. Questa risposta non la vuole fornire nessuno.
La Azzolina si trincera dietro questo rapporto dell'Iss che sosterebbe l'irrilevanza dei contagi a scuola, visto che lì ci sarebbe stato appena il 2% dei focolai. Quel rapporto esiste, ed è stato aggiornato il 30 dicembre scorso, ma non dice esattamente questo. Vero che sono stati censiti 3.173 focolai a scuola, il 2% del totale nel periodo 31 agosto-27 dicembre. Ma in gran parte di questo arco di tempo la scuola è stata chiusa a singhiozzo e in alcuni giorni su tutto il territorio nazionale. Quindi quei focolai trovati sono già il doppio fra il 5 e il 25 ottobre quando la scuola era aperta quassi ovunque. Ma- avverte lo stesso Iss- “C'è una notevole variabilità nel numero di focolai riportati settimanalmente, ascrivibile sia ai diversi criteri di classificazione dei focolai scolastici adottati a livello regionale che alla ridotta capacità di tracciamento dei contatti in relazione alla difficile situazione creatasi in seguito all’aumento dei casi che ha limitato la possibilità degli operatori sanitari di effettuare indagini accurate. Il numero di focolai scolastici è quindi sottostimato e alcune regioni (Basilicata, Campania, Liguria, Molise, Sardegna, Valle d’Aosta) non sono state in grado di riportare l’informazione relativa al setting in cui si sono verificati i focolai. Non è inoltre disponibile l’informazione sul numero di casi coinvolti in ciascun focolaio”. Quindi non ha alcuna validità scientifica un dato fornito in questo modo, e l'Azzolina si basa per la sua battaglia sulla scuola aperta su una sostanziale supercazzola.
La Regione Lazio ieri ha divulgato ad esempio dati del tutto diversi da questi, spiegando che “dal 15 settembre al mese di dicembre sono stati nel Lazio 20.523 i casi di notifiche relativi alla sorveglianza scolastica pari all' 8,3% dei casi notificati complessivamente. La settimana più alta è stata la 46esima dell'anno scorso. Di questi il 70,6% sono casi relativi a studenti e il 14,6% relativi al personale docente”.
Quindi i contagi a scuola ci sono e sono stati rilevanti, nonostante l'incapacità di fare i tracciamenti del sistema sanitario pubblico. Da mesi noi de Il Tempo continuiamo a pubblicare periodicamente i rapporti dello stesso Iss sui contagi divisi per fasce di età, che non identificano in sé il luogo del contagio, ma consentono di avere qualche idea meno confusa. Fra il 25 agosto e il 7 novembre la fascia di età dove i contagi sono cresciuti di più è stata quella fra 10 e 19 anni, che ha fatto un balzo del 1.042,57%.
Al secondo posto quella fra zero e 9 anni, con una crescita dell' 831,41%. Al terzo posto la fascia di età fra 20 e 29 anni, con i contagi cresciuti del 556,88%. In quello stesso periodo la crescita è stata del 272,15% nella fascia di età 60-69, del 205,11% nella fascia 70-79 e addirittura inferiore da lì in su. Quindi con le scuole aperte i contagi hanno fatto boom fra gli studenti delle superiori, poi fra gli studenti delle elementari e asili, e al terzo posto fra gli studenti universitari. Quale mai poteva essere la ragione dei contagi così cresciuti solo in quelle fasce di età se non l'apertura della scuola non avvenuta in sicurezza? Dal 7 novembre le superiori hanno chiuso ovunque, e in qualche Regione anche le medie. Ma sono restate aperte le elementari. Che è accaduto? Da lì al 29 dicembre la crescita maggiore dei contagi è stata nella fascia di età fra 0 e 9 anni (+169,05%), quella dei bambini che hanno continuato ad andare a scuola. Secondo posto per la fascia 40-49, terzo posto per quella 60-69, e così via. Con la chiusura delle superiori e di parte delle medie la fascia di età 10-19, che fino al giorno prima era la prima per contagi con numeri doppi della seconda,, è scesa al terzultimo posto della classifica. Cosa ci vuole di più per capire che a scuola i contagi ci sono, e non solo per colpa dei trasporti pubblici, ma anche perché il virus non si terrorizza di fronte ai banchi a rotelle di Domenico Arcuri?
E' importante che i ragazzi ritrovino la presenza a scuola, ma per farlo in sicurezza bisogna togliere da ogni decisione la Azzolina e Arcuri che sono ideologici, negano l'evidenza e creano problemi invece di risolverli. E poi allargare gli spazi, perché quelli che ci sono non bastano: si affittino altre strutture, si facciano accordi con istituti privati semi-vuoti, e si differenzino pure gli orari. Per farlo si diano molti più soldi alla scuola che per esempio non potrà vedersi spegnere il riscaldamento fra le 13 e le 14 come accade oggi, magari lasciando aperte pure le finestre per il ricambio d'aria. Bisognerebbe davvero volerla la riapertura della scuola. Ma i fatti dimostrano ormai con chiarezza che questo governo si riempe la bocca di slogan, ma non la vuole affatto riaprire.