Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Al Quirinale non ci sarà un bis. Mattarella suona la sveglia ai politici

Franco Bechis
  • a
  • a
  • a

È stata l’ultima frase del discorso di fine anno di Sergio Mattarella agli italiani. «Care concittadine e cari concittadini, quello che inizia sarà il mio ultimo anno come Presidente della Repubblica». Una bombetta lanciata sulla vita politica italiana. 

I tanti italiani che essendo murati vivi nelle loro case dalle disposizioni governative si sono sintonizzati su uno dei tanti canali televisivi che stavano trasmettendo il Presidente della Repubblica non avranno colto nulla di rilevante.
Eppure un particolare c’è. Questo che si apre non è l’ultimo anno di Mattarella al Quirinale e a meno di improbabilissime dimissioni anticipate come quelle che diede Francesco Cossiga prima della fin e del suo mandato, il prossimo Capodanno sentiremo tutti in tv un nuovo discorso di fine anno di Mattarella. Quindi «quello che inizia sarà il mio ultimo anno» non va preso alla lettera. Ma è un messaggio chiaro al Parlamento e appunto alla vita politica italiana: Mattarella ha voluto dire fin da ora che non ha alcuna ambizione di ricandidatura al Quirinale. Un invito indiretto ai leader politici a non dormire immaginando che se non ci saranno altre soluzioni si potrebbe ripetere lo stesso copione che fece iniziare il mandato bis a Giorgio Napolitano. Con quella frasetta il Capo dello Stato l’ultimo dell’anno ha tolto dagli scenari futuri l’ipotesi di una sua ricandidatura. C’è tanto tempo ancora per decidere, e lo stesso Mattarella potrebbe cambiare idea con gradi insistenze, ma questo ora ha voluto dire ai prossimi grandi elettori.

In questo inizio anno la successione al Quirinale non sembra certo una delle necessità più impellenti per la vita pubblica italiana. Non solo perché Mattarella c’è ed è piuttosto amato dagli italiani, non essendo mai stato nel suo mandato divisivo: davanti a noi abbiamo ancora il coronavirus, la speranza recondita di piegare la pandemia, le vaccinazioni in corso, i 209 miliardi promessi dalla Ue con il Recovery Fund, una crisi economica gravissima che anche se quelle risorse arrivassero ora e tutte di un colpo sarebbe complicatissimo superare.
Vero, c’è molto di più urgente che tocca assai più vicino la vita degli italiani. Ma non è tema così lontano, sulla luna, quello della successione di Mattarella. Il presidente della Repubblica ha in Italia poteri importanti, forse i più rilevanti in Europa in regimi che non siano presidenziali come quello francese. E legato alla scelta del successore c’è un tema non così astratto come quello del recupero della piena democrazia in un paese che per molti motivi nell’anno della pandemia ha dovuto lasciarla sullo sfondo, forzarne anche un po’ i meccanismi assediati come si era da un indubbia emergenza.

Possiamo raccontarci quello che vogliamo, ma il ruolo del Parlamento non è stato centrale nell’ultimo anno come vorrebbe la nostra Costituzione. L’esempio più lampante è venuto alla fine dell’anno, con il varo della Legge di Bilancio - l’atto più importante dell’anno politico - con il Senato esautorato dal suo esame come mai era avvenuto nella storia Repubblicana. Recuperare i giusti equilibri costituzionali della nostra democrazia è dunque urgente quanto mettersi alle spalle la pandemia. È evidente che su questa strada l’elezione del prossimo presidente della Repubblica non è secondaria.

Come è noto è legge e fa parte della Costituzione della nostra Repubblica un nuovo assetto istituzionale che riduce e di molto i componenti delle due Camere. Ma entrambe le assemblee sono ancora ancorate alla vecchia Costituzione che non è più in vigore, e sono composte da 945 parlamentari eletti e non dai 600 oggi stabiliti dagli articoli 56 e 57 della nostra carta fondamentale.

Non solo: è chiaro da tutte le consultazioni fino a qui effettuate nonché dai sondaggi che settimanalmente vengono diffusi come la composizione attuale del Parlamento italiano sia assai distante dal sentimento popolare. Ora pensare che una carica così delicata e rilevante come quella del presidente della Repubblica che dura per sette anni possa essere decisa da un Parlamento che non è quello previsto dalla Carta costituzionale vigente e così distante dal sentimento degli italiani rischia di essere una ferita molto grave al funzionamento della democrazia italiana.

Io credo che di questa ferita lo stesso Mattarella sia cosciente, e che non sia affatto strumentale la minaccia di scioglimento della legislatura filtrata dal Quirinale di fronte all'ipotesi di crisi politica in corso. Non è mai una tragedia rivolgersi al popolo, anche in un momento così. Non solo: credo che da qui a fine luglio (prima del semestre bianco), questo sia un passo comunque da compiere.
 

Dai blog