minaccia al governo
Recovery Fund e Servizi, Renzi rompe con Conte
Scacco matto. Archiviata (per ora) la grana Mes, Giuseppe Conte si trova davanti un "nuovo" ostacolo chiamato Matteo Renzi. Il premier è seduto tra i banchi del Governo, il leader di Iv lo guarda negli occhi e gioca a carte scoperte. Mette subito sul tavolo i voti dei suoi sulla riforma del meccanismo europeo di stabilità, ma poi annuncia «parole di verità e trasparenza» sui nodi che sono ancora da sciogliere. I due ne hanno già parlato in modo franco «negli incontri privati», due nelle ultime settimane, ma poi - confida l’ex premier ai suoi - «Conte ha sbagliato, tutto questo lo ha voluto lui. Poteva andare diversamente». Anche in Parlamento, quindi, «serve dirsi le cose in faccia» e per Renzi è un «ora o mai più».
L’ex segretario Pd scandisce nell’aula di palazzo Madama il suo no al progetto di Governance del Recovery plan, alla cabina di regia e ai tecnici a capo dei dipartimenti. «È bene essere chiari. Noi non scambieremo il nostro sì alla proposta di Governance per uno strapuntino o un "aggiungi un posto a tavola". Non stiamo chiedendo che nella cabina di regia ci sia un ministro di un colore politico più vicino al nostro», è la premessa. Il resto, nella logica del leader, è solo una naturale conseguenza. Il progetto andrà discusso in Parlamento «in un dibattito aperto e franco». Iv «non è disponibile» a utilizzare un emendamento alla legge di bilancio per decidere chi gestirà i 209 miliardi né ad avallare una fondazione sui servizi segreti. «Se c’è un provvedimento che tiene la Governance del Next generation Ue e la norma sui servizi segreti noi votiamo contro», mette in chiaro. Di più. Di passare per quello che per "ambizioni personali" mette in crisi il Governo, Renzi non ha nessuna voglia: «Dica ai suoi collaboratori che chiamano le redazioni dei giornali per dire che Iv è in cerca di poltrone che se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono 3 a sua disposizione, due da ministro e una da sottosegretario», tuona.
Nessuna mediazione, quindi. «Adesso Conte deve tornare indietro e non è facile, non è che può annacquare la cabina di regia o farla a metà», spiega. «Il Governo non può essere sostituito da una task force. Il Parlamento non può essere sostituito da una diretta Facebook», insiste. Conte non può fare da solo, è la sintesi. Se ha i "responsabili contiani" di FI di cui tanto si parlava, vada avanti - è il ragionamento - se no, senza Iv, la legge di bilancio non passa.
Anche il Pd resta critico. «Il Governo si deve muovere o la situazione si fa estremamente complicata. Se Conte non prende iniziativa si mette male», filtra dal Nazareno. Nicola Zingaretti lo dice chiaro: «Ora per andare avanti è importante trovare soluzioni, soprattutto da parte del governo, ai tanti nodi aperti nella maggioranza». I Dem condividono l’idea di una maggiore collegialità. «Vogliamo che lei chiami a Palazzo Chigi i sindacati, le imprese, i comuni, le regioni e che insieme si costruisca questo grande piano di rinascita perché questo è il compito e il metodo che noi auspichiamo - dice chiaro al premier Graziano Delrio - poi, le modalità con cui lo farete, la struttura tecnica… l’importante è non esautorare i poteri che già ci sono, l’importante è non commissariare i comuni, le regioni, non commissariare il Parlamento perché è qui che si esprime la volontà popolare». Chiede invece un Consiglio dei ministri in cui Conte «trovi un accordo con i suoi ministri e la sua maggioranza per fare una proposta al Parlamento», Andrea Marcucci.