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Governo, scontro sul fondo salva Stati: Vito Crimi blinda M5S e Conte

Luigi Frasca
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Giornata di lavoro per il gruppo del Movimento 5 stelle che sta preparando la bozza di risoluzione da presentare alla maggioranza in vista delle comunicazioni di Giuseppe Conte sul Consiglio europeo che deve decidere sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Una sessantina di parlamentari, tra deputati e senatori e capigruppo di commissioni competenti, si sono riuniti per cercare si sciogliere il nodo che da diversi giorni arrovella il Movimento che, di principio contrario al progetto di riforma, ha dovuto cambiare la linea per non ostacolare la posizione espressa dal governo che, con il ministro dem dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha tolto il veto dell'Italia al piano europeo in sede di Eurogruppo. La nuova linea, dettata dai vertici del M5s, è sottolineare che la riforma è cosa ben diversa dall'uso dei fondi del Mes per la sanità. Un uso a cui il Movimento resta contrario, diversamente dagli alleati della maggioranza, Pd e Italia viva. Il tema è quanti, ta i pentastellati, si esprimeranno, nel voto di mercoledì in modo difforme rispetto alla risoluzione della maggioranza. Il capo politico Vito Crimi ha rassicurato per il secondo giorno consecutivo gli alleati, dicendosi «convinto» che la «maggioranza avrà i voti».

Chi si esprimerà contro la risoluzione «non andrà contro il capo politico ma contro il gruppo» parlamentare, ha avvertito. I dissiden ti - 17 senatori e 52 deputati - sono usciti allo scoperto nei giorni scorsi facendosi promotori di una lettera ai vertici del MSS. Nel partito si attendono che molti di loro rientreranno nei ranghi. Ma è ancora caos, con minacce di espulsioni o quantomeno rappresaglie reciproche. E non è ancora escluso che i «ribelli» non si facciano promotori di una risoluzione diversa. Crimi ha annunciato che probabilmente la stesura della risoluzione richiederà anche tutta la giornata di oggi.

«La risoluzione ideale, per me, sarebbe che un testo che dice che questo Parlamento non utilizzerà il Mes», ha aggiunto. In ogni modo, «qualunque risoluzione superabile», ha continuato, la sciando intendere che non è fondamentale sancire nero su bianco la contrarietà all'utilizzo del Mes. «Perché io ho una certezza - ha sottolineato - questo Parlamento è contrario all'utilizzo del Mes». «Noi siamo contrari all'utilizzo del Mes», strumento «obsoleto e non adeguato, come il presidente Conte ha più volte rappresentato. Questa riforma cerca di cambiare il Mes. A noi questa riforma non piace - ha ammesso - ma, mentre a dicembre 2019 potevamo permetterci di fare questo ragionamento, dopo un anno, con la crisi pandemica, dobbiamo guardare avanti».

«In quest' anno l'Ue ha dimostrato di mettere in campo strumenti nuovi. Questa riforma è un modo per chiudere un capitolo e per parlare di futuro. Oggi dobbiamo guardare avanti». Intanto dal Pd sono arrivati avvertimenti categorici. «So che i capi politici del MSS, Di Maio e Crimi, stanno lavorando responsabilmente per recuperare il dissenso interno. Io voglio dire chiaramente che questa prova non ha un appello», ha scandito il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio. «Il Pd è entrato in coalizione per modificare la collocazione dell'Italia e recuperare appieno la sua vocazione europeista. Se ci fosse uno stop sul percorso che noi riteniamo fondamentale e che tanti benefici ha portato al Paese, ecco, se ci fosse un ritorno al Conte uno, allora è evidente che non avrebbe più senso portare avanti questa esperienza», ha aggiunto. I rischi sui numeri sono, infatti, alti, soprattutto al Senato, tanto più se una eventuale maggioranza risicata non potrà contare sul «soccorso esterno» di Forza Italia, dopo l'annuncio di Silvio Berlusconi sul no degli azzurri alla riforma. L'altra «spina» nel fianco del governo è la struttura di gestione dei fondi del Next generation Ue. Oggi alle 9 si riunirà il Consiglio dei ministri con all'ordine del giorno la definizione e attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza.

A preannunciare le decisioni che saranno assunte è stato lo stesso presidente del Consiglio che, in un'intervista, ha spiegato: «Lunedì ndr.) approveremo il budget del Recovery Fund con tutti gli appostamenti» e «approveremo anche la struttura di governance con coordinamento presso la presidenza del Consiglio. Vi sarà un comitato ristretto deputato a vigilare con costanza tutta la fase attuativa. Ne faremo parte io, il ministro dell'Economia e il ministro dello Sviluppo Economico, con la responsabilità di riferire periodicamente al Ciae e al Parlamento. La supervisione tecnica dell'attuazione sarà affidata a una struttura composta da sei manager, assistiti da uno staff dotato delle necessarie competenze professionali. In casi eccezionali i sei manager potranno essere chiamati a intervenire con poteri sostitutivi per evitare ritardi e perdite di risorse».

I nomi e le relative nomine, però, saranno fatti successivamente. Una impostazione che ha suscitato malumori nella maggioranza, soprattutto in Italia viva. Dopo le critiche di Matteo Renzi, la ministra renziana dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, ha oggi affermato di essere all'oscuro dei 60 progetti per l'uso del Recovery fund che saranno discussi domani dal Cdm. «Leggo, come tutti, le interviste rilasciate dal presidente Conte. Al momento non so altro, se non che la qualità dell'azione di governo non si risolve con le dichiarazioni». I progetti, ha lamentato, «non li so e immagino non li sappia nessuno. Non so se altri ministri abbiano la mappa completa dei progetti. Nel primo caso è grave. Nel secondo sarebbe gravissimo. Non ci può essere una maggioranza della maggioranza».

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