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Recovery Fund, il Pd sfila i soldi europei a Conte. Zingaretti e Bonaccini: "Vogliamo gestirlo noi"

La secessione

Francesco Storace
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Cabina di regia? 300 consulenti? Sai che c’è, Giuseppi, noi i soldi del Recovery Fund ce li andiamo a prendere direttamente in Europa. Se aspettiamo la distribuzione del governo – che invece li vuole centralizzare – quei 209 miliardi chissà in mano a chi vanno a finire.

E così, in maniera silenziosa e non meno clamorosa, due regioni italiane – il Lazio e l’Emilia Romagna di Nicola Zingaretti e di Stefano Bonaccini, insomma il Pd – si sono messi sulla scia della Catalogna, quella che rivendica il diritto ad essere trattata come una Nazione europea. In pratica, una specie di secessione. Non si fidano di Palazzo Chigi, né del premier Conte, preferiscono un’Europa modello bancomat dove recuperare il grano promesso.

Ed è contemporaneamente una prova di slealtà verso le altre regioni italiani. Bonaccini e Zingaretti hanno sottoscritto con altre sedici regioni europee la richiesta alla Commissione europea, al Parlamento di Strasburgo e al Consiglio Ue per poter un ruolo diretto nella gestione dei fondi Recovery, bypassando così i rispettivi governi. Il fatto che la firmino il presidente della conferenza delle regioni con un solo altro presidente che peraltro fa il segretario di partito, la dice lunga sul clima che si sta creando. E’ indubbiamente un atto di suggestione autonomistica, probabilmente in uno spirito federalista, che però non viene condiviso con le altre regioni del nostro paese. 

In totale si tratta di diciotto amministrazioni locali dei vari paesi europei, anche se la lettera – datata 3 dicembre - era stata firmata da 24 regioni: Aland (Finlandia), Auvergne (Francia), Baviera (Germania), Baden-Württemberg (Germania), Baleari (Spagna), Catalogna (Spagna), Emilia Romagna (Italia), Fiandre (Belgio), Hessen (Germania), Lazio (Italia), Navarra (Spagna), Nouvelle-Aquitaine (Francia), Occitanie (Francia), Paesi Baschi (Spagna), Salisburgo (Austria), Vallonia (Belgio), Varazdin (Croazia), Wielkopolska (Polonia). Nell’elenco dei firmatari era inclusa anche la provincia autonoma di Bolzano, che ora pare non farne più parte (l’informazione viene proprio dalla regione Lazio). “Chiediamo di essere attivamente inclusi nella progettazione e realizzazione del Recovery and Resilience Facility e dei National plan adottati in base allo stesso. Chiediamo ai leader politici delle istituzioni europee e degli Stati membri di intervenire direttamente a livello regionale. Le regioni sono pronte, disponibili e in grado di contribuire a una abile politica di ripresa dell'UE che affronti le sfide comuni insieme”.

Il documento firmato da 24 regioni dell'Unione e mandato alla Commissione Ue

Il fatto che di questa compagnia facciano parte due sole regioni italiane lascia pensare proprio al fatto che i loro governatori non si fidino affatto della gestione dei fondi europei da parte di Conte. Se a questo aggiungiamo che l’iniziativa è partita dalla Catalogna, c’è da chiedersi quanto possa essere gradita alla nomenklatura di Bruxelles.

Ovviamente, abbiano chiesto proprio alla regione di Zingaretti che cosa abbiano inteso fare con questa iniziativa, denominata regionsforeurecovery. Si giura che essa è volta a sensibilizzare le istituzioni europee ed i governi nazionali a tener maggiormente in considerazione i territori europei (naturalmente più vicini alle esigenze dei cittadini) nella fase che dovrebbe accompagnare la ripresa europea. Ma diventa complicata da spiegare al governo italiano e alle altre 19 su 21 regioni e province autonome del nostro paese. Appare una fuga in avanti che certo potrebbe scatenare forti polemiche dal fronte degli esclusi.

Già, perché pare che le altre regioni italiane non siano state neppure interpellate dai loro colleghi di Emilia e Lazio, il che non depone certo a favore di relazioni corrette. Sicuramente appare complicato immaginare che l’iniziativa assunta possa portare ai risultati attesi dai firmatari, ma è evidente che non possa essere accolta con entusiasmo dagli altri governatori che non ne sapevano nulla. Tanto più che sul tema, semmai, ci si attendevano iniziative unitarie e non certo solitarie. Ma ormai non ci si può più stupire di nulla.

La lettera – che non pare comparire né nel sito della regione Lazio né in quello della regione Emilia Romagna - è stata indirizzata a varie autorità europee, compresi Sassoli e il commissario Ue Gentiloni e persino al vicepresidente del Parlamento europeo Castaldo. Ma non a Conte. Sicuramente sarà un caso. Un casino. 

LA LETTERA ALL'UE Il documento firmato da 24 regioni dell'Unione e mandato alla Commissione

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