Governo, la strategia di Conte per tenere la poltrona ed evitare il rimpasto
Il malessere economico si diffonde nel Paese a causa delle limitazioni stabilite dai provvedimenti anti-Covid e della esiguità dei sostegni, ma Conte sembra non percepire la sofferenza che sta dilaniando il tessuto economico nazionale e non avverte la necessità di introdurre segnali di discontinuità. Il Partito democratico e Italia Viva lavorano sotto traccia per un rimpasto di governo sia per assicurarsi una gestione più collegiale dei progetti del Recovery Fund sia per qualificare un esecutivo dalle competenze opache. Il premier Conte getta fumo negli occhi al Paese con l'enfatico richiamo ai 209 miliardi di risorse europee, rilanciando commissioni di lavoro per progettarne l'impiego. Quando regna la confusione ci si rifugia in una sorta di "commissionite", inveterato vizio italico, con la proliferazione di incarichi che alimentano un ginepraio burocratico inconcludente. Conte, rispetto alle pressioni sulla necessità di rivedere la squadra di governo, ha dichiarato al Corriere della Sera: «Non possiamo rincorrere le ambizioni di qualcuno che spera in ruoli più importanti». Una risposta che contraddice la genesi della sua seconda esperienza di governo che nell'ambizione di conservare la poltrona ha tratto le ragioni di un'intesa politica ripudiatrice della dottrina grillina. I 5 stelle si sono presentati sullo scenario politico con la primitiva volontà di demolirne la coreografia castale.
La loro retorica anti-casta è stata accolta dagli elettori che hanno tributato consenso al loro messaggio iconoclasta. Ma una volta subentrati nel palazzo sono stati sedotti dai privilegi tanto vituperati, assimilandoli con voluttà e, così, annichilendo la dottrina precedentemente teorizzata su un piano di massa. I grillini divulgavano con ossessionante certezza di essere un nuovo anthropos, un nuovo tipo di essere umano, ma hanno solo rieditato la versione incompetente della casta. Oltre al danno di non aver sanato le impurità del sistema, conviviamo con la beffa di essere governati da una pletora di inetti. I 5 stelle hanno iniziato la loro parabola politica sfamando la pancia della demagogia, che emetteva rumorosi borbotii, ma adesso stanno affamando il ceto medio, impoverendo la trasversale e nevralgica componente economica della società italiana. Le ambizioni che Conte contesta in questa fase, temendo di essere disarcionato, ieri le blandiva ed appagava a beneficio dei suoi pigmalioni. Se i flussi finanziari, che la sorgente europea vuole incanalare sul Paese, venissero gestiti con la stessa approssimazione ed indolenza, con cui è stato governato lo stato di emergenza pandemico, il rischio concreto è di vanificare l'ingente volume finanziario. Non possiamo permetterci di fallire, subordinando la progettazione di investimenti strategici alla preservazione di un assetto di governo mediocre ed inadatto a fronteggiare la peggiore crisi economica e sanitaria dal dopoguerra. La mediocrazia oggi al potere rappresenta una sorta di caparra all'insuccesso con i cittadini a pagarne il prezzo ogni giorno più esoso. Caro Conte, l'ambizione deleteria è stata quella introduttiva della sua esperienza di governo, mentre quella che la vuole destituire è sana e meriterebbe soddisfazione.