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Centrodestra, tregua finita. Salvini rilancia la federazione, gelo di Fratelli d'Italia e forzisti

Ma il leader della Lega avvisa Berlusconi: "Basta fughe in avanti verso la maggioranza"

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Continua a far discutere nel centrodestra quanto avvenuto in sede di voto sullo scostamento di bilancio, con Forza Italia a trainare le altre forze verso il sì alla maggioranza. Va bene la responsabilità, ma per parare i colpi della maggioranza giallo-rosso-viola, che vuole dividere il centrodestra, e congelare ulteriori fughe in avanti di Forza Italia in vista del voto in aula del decreto Ristori, ora più che mai serve la federazione. Matteo Salvini insiste, dopo l’ok di tutta la coalizione allo scostamento di bilancio: «Il tentativo del Partito democratico è chiaro da mesi. Vuole scegliersi un pezzo dell’opposizione con cui lavorare. Ma il centrodestra non è a disposizione di nessuno, siamo maggioranza nel paese e governiamo 14 regioni su 20», avverte sulle pagine del Corriere della Sera. Pertanto,come primo passo per la federazione del centrodestra servono «i gruppi parlamentari».

Il leader leghista accelera, per riprendere in mano la coalizione e tornare determinante, con il chiaro intento di smorzare i rumors su una autorità scemata soprattutto in via Bellerio. Intanto si sta aprendo un altro fronte sul decreto legge Ristori, che a breve sarà in Parlamento, con tanto di sospetti sugli azzurri. Benchè dal partito di Silvio Berlusconi si sia assicurato che «essendo un atto del governo non si può votare», quello che trapela dai gruppi in Parlamento è l’ennesimo "occhiolino" verso il governo. Fonti forziste infatti plaudono al comunicato stampa di oggi del Mef che «rappresenta la prima e più immediata conseguenza degli impegni che il governo ha assunto nei confronti del centrodestra a favore delle imprese e del mondo del lavoro autonomo». E se un atto del governo da opposizione non può essere accolto favorevolmente, col passaggio in aula e con le dovute modifiche, potrebbe anche diventare condivisibile.

Dal Carroccio la linea è chiara: non si vota nulla a scatola chiusa e prima che ci sia stata una approfondita interlocuzione tra gli alleati. Come dire: nessun passaggio autonomo di partito, semmai ci muoviamo tutti insieme. La decisione di accodarsi, dopo il blitz architettato magistralmente da Silvio Berlusconi sullo scostamento di Bilancio, non era affatto scontata, anzi. Il racconto tra i corridoi della politica, è di un Salvini pronto a far saltare la trattativa e non disponibile a dare lo scettro della vittoria al Cav. L’indifferenza poi del governo verso quello che si sente leader della coalizione poteva davvero far deflagrare la situazione. È stato l’intervento di Giancarlo Giorgetti a farlo tornare lucido, richiamando alla responsabilità e al cambio di passo a cui da mesi, l’eminenza grigia del Carroccio, si appella. Il boccone è stato amaro, ma ora serve raccogliere le forze e viaggiare insieme. Il gruppo unico per arrivare alla federazione quindi ad un unico partito.

L’idea, tuttavia, non piace. Lo dice a chiare lettere Antonio Tajani: «Nel centrodestra siamo forze diverse, ma lavoriamo coesi. Mi pare difficile che si possa arrivare ad un gruppo unico». Il vicepresidente si defila quindi dall’ala filo leghista, di cui fanno parte Licia Ronzulli, Niccolò Ghedini e gran parte dei senatori azzurri, conscio che alla Camera il gruppo filo governativo si è irrobustito, dopo l’ok del governo alle misure proposte da Forza Italia. Restano su l’ex premier le pressioni da un lato, affinché si abbracci questo progetto, e le resistenze, dall’altro, da parte di Gianni Letta.

Berlusconi però non scioglie la riserva e fedele al suo modus operandi aspetta che siano chiari gli effetti dell’una e dell’altra opzione. Le posizioni restano, comunque, distanti. Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione di mettere nelle mani della Lega la sua creatura. Fonti autorevoli della coalizione mettono infatti in guardia su quella che viene definita «pura tattica» leghista. «Salvini non è il leader del centrodestra», rimarcano, quando si parla di voto in più per guidarlo il riferimento è a palazzo Chigi, e ora «non siamo esattamente in quella situazione», ironizzano. Il tentativo di firmarsi nei comunicati ’leader del centrodestra', è stato isolato e subito stoppato qualche mese fa, proprio in onore di quel patto, non scritto, che non gli mai consegnato lo scettro. Men che mai oggi con Meloni che continua a crescere nei sondaggi - pronta a mettere la freccia per superare il Capitano - e con il Cav che ha ritrovato una rinnovata giovinezza politica, con tanto di sigillo anche da parte del governo.

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