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Vergogna ristori, Paragone massacra il governo: fa solo danni e vuole gli applausi

 Roberto Gualtieri

Gianluigi Paragone
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Quando sento parlare premier e ministri vari mi vien da pensare: sta’ a vedere che questi si aspettano gli applausi. Il tono con cui annunciano che sono partiti i primi ristori lo fa pensare seriamente; è come se ci credessero veramente di essere bravi. Un po’ come dire: adesso basta polemiche, lo abbiamo fatto, cosa volete? Non è così. I ristori (quando arriveranno a tutti, non uno escluso) di cui parla il governo non sono che il minimo minimo dovuto da lor signori per la vergognosa sequela di errori. Quel minimo ovviamente non basterà al fine di rimettere in carreggiata le imprese, le quali hanno ferite profonde acuite dai vuoti e dalle mosse dell’esecutivo.

Giust’appunto ieri dalla sponda emiliano-romagnola (dove il sabato pomeriggio si spengono le insegne in segno di protesta), il vice di Federmoda Giammaria Zanzini ha denunciato l’assenza di liquidità e di prospettive, concludendo che i fondi non bastano: «Vanno moltiplicati per dieci». A maggior ragione alla luce dell’aggressione di Amazon e soci che in queste settimane intasano le mail proponendo acquisti promozionali. Dalle attività commerciali alla ristorazione, passando per l’edilizia, si soffre, si annaspa; su questa sofferenza si avventano gli artigli della criminalità organizzata cui non mancano né liquidità né... semplificazioni burocratiche. Lo dissi al ministro Lamorgese in aula. Per un pacchetto ristoro rivendicato, sopraggiunge la solita valanga di problematicità (che non conosce differenze soprattutto tra rosso e arancio): dall’assenza di liquidità alla sospensione degli affitti o alla rimodulazione del canone; dal condono tombale sui versamenti tributari e contributivi alla sospensione delle bollette della luce, acqua e gas; dalla detassazione o rottamazione delle rimanenze di magazzino alla sospensione dei mutui e dei leasing bancari, includendo la questione degli avvisi bonari (completamente dimenticati) i quali si trasformeranno in cartelle esattoriali con incremento del 20 per cento. E va affrontata la prassi degli assegni post datati come rischioso ma inevitabile dumping di cassa, e il cui inceppamento causa Covid rischia di produrre una serie di segnalazioni letali.

La vita quotidiana delle piccole imprese si perde in un dedalo di incartamenti vari le cui complicazioni non si neutralizzano con i decreti di Conte. Anzi, tutt’altro. Le disparità di atteggiamento del governo rispetto alle multinazionali o agli amici è evidente. Pagare il canone Rai in bolletta e leggere di una inutile infornata (diciotto!) di nomine dirigenziali è uno schiaffo in faccia alle famiglie e alle pmi. Sapere che sulla vicenda concessioni autostradali, i Benetton sono esattamente nella stessa posizione del tempo della tragedia del Morandi nonostante la canea propagandistica e bugiarda dei Cinquestelle, è un’offesa verso le vittime ma anche verso chi il rischio d’impresa se lo è realmente caricato sulle spalle. E se non è Benetton, è il ritocchino al casello a favore dei Gavio. E poi ci sono i ritardi della Pubblica amministrazione, che dopo aver messo in ginocchio le aziende al servizio dello Stato ora rischiano di strozzare pure il sistema bancario che vede 12 miliardi di crediti intossicarsi con rischi pesantissimi (ma qui troveranno l’intesa, perché i governi europeisti non si fanno problemi a far saltare l’economia reale ma riparano sempre quella finanziaria). E che dire dei regali di Patuanelli ad Alitalia o ad Arcelor Mittal, per cui si parla di un intervento pubblico di un miliardo per non far scappare il padrone straniero in terra tarantina: rientrerà - dicono - nella bolla/balla del «new green deal». L’emergenza Covid in Italia è stata fallimentare sotto ogni punto di vista, dal sanitario all’economico. Responsabilità gravi, gravissime, che non saranno dimenticate.
 

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