Lockdown, indennizzi non ristori: si chiude di nuovo tutto ma servono altri 100 miliardi
Con 100 miliardi di euro ufficialmente stanziati da tre manovre, e poi usati per 5 decreti perché il governo non è manco stato capace a spenderli e li ha riciclati ora per i nuovi lockdown, l'Italia ha perso circa il 10 per cento del suo Pil. La più grande manovra della storia del paese dunque non è servita a risarcire nessuno di quel che si è perduto per la esclusiva responsabilità del governo in carica e di quelli precedenti che hanno fatto trovare un sistema sanitario nazionale non in grado di reggere l'urto di una epidemia più grave di altre, ma non del tutto imprevista.
Fu così a marzo e aprile, è cento volte più così ora, e per colpa non del passato, ma di quel che non è stato fatto dal governo in carica e in più di un caso anche dalle amministrazioni regionali. E' solo il sistema sanitario il problema, perché lo stesso ministero della Salute sforna dati che dicono come sarebbe stato possibile resistere alla pandemia senza mettere tutti in carcere. Certo una cifra come quella dei 41.394 morti fino a ieri è pesantissima, e pone l'Italia fra i peggiori paesi del mondo nella gestione della crisi, con un indice di mortalità ogni milione di abitanti vicinissimo a quello dei vituperati Stati Uniti e Brasile e lontanissimo ad esempio da quello della Germania.
Ma a guardare i grafici dal 2016 ad oggi inseriti nei rapporti sulla mortalità del ministero guidato da Roberto Speranza la curva della mortalità di marzo e aprile 2020 è quella record, però non enormemente più alta di quella che fu registrata nel gennaio-febbraio 2017 per l'epidemia influenzale di quell'inverno. Se poi si passa a guardare i dati delle grandi città, le differenze sono al contrario in alcuni casi del centro-sud: c'erano più decessi allora di oggi. Perfino in quest'anno infausto in città come Roma il picco di mortalità è stato toccato in una decina di giorni di agosto, e non per il coronavirus: per l'eccezionale ondata di caldo. Non lo riporto per minimizzare la gravità dell'impatto del coronavirus, ma per spiegare che un sistema sanitario attrezzato come si è visto in Germania sarebbe stato in grado di affrontare l'impatto di tanti malati bisognosi di ospedalizzazione in contemporanea senza mettere in ginocchio l'economia del paese.
Non avendo fatto nulla per quasi 6 mesi per attrezzare la rete ospedaliera con il piano che ad aprile aveva predisposto Walter Ricciardi (lo ha spiegato bene in una intervista su Tv2000 sabato sera), ci troviamo di nuovo nella stessa situazione della primavera scorsa. Con premier e presidenti di Regione che stanno perdendo tempo scaricandosi le responsabilità l'un l'altro, o con sceneggiate all'italiana come quella incredibile sul commissario alla Sanità della Calabria. Stanno tutti giocando non solo con la salute e la vita degli italiani, ma anche con le loro tasche.
Quel che stanno facendo è solo prendere tempo per cercare di piegare la resistenza di un popolo che andrà messo in gabbia e in mutande facendogli pagare responsabilità esclusive della propria classe politica dirigente. Ma sanno tutti benissimo che da qui al prossimo mese di aprile o maggio tutta l'Italia andrà messa in lockdown, perché senza questa scelta non reggerà l'urto in nessun posto la rete ospedaliera, e bisognerebbe passare a scelte drammatiche come quella di dare l'ossigeno a un paziente e a un altro no, lasciandolo morire o in un'ambulanza o per strada. Lo sanno tutti i membri del governo e anche i presidenti delle Regioni, perché conoscono bene quello che non hanno fatto e che ora non è più possibile fare: sarebbe folle ora aprire cantieri dentro gli ospedali che traboccano di pazienti Covid per allargare le terapie intensive, e infatti non apriranno.
Se tutto chiude, bisogna che Conte e il suo ministro dell'Economia la smettano di trastullarsi con decretini e giochini: bisogna avere sul piatto altri 100 miliardi di euro ora, e con l'orizzonte più lungo che ci aspetta è presumibile che ne servano anche il doppio. Non potranno essere quelli europei, perché non arriverebbero in tempo e le cifre sarebbero insufficienti. Ma servono ora, prima delle chiusure. Perché per fare restare in vita gli italiani questa volta bisogna che vadano a segno subito.