Coronavirus, il governo continua a commettere errori ma scarica sulle Regioni
Non basta chiamarli governatori per pensare di essere in uno stato federale: l’Italia ha soltanto uno strano regionalismo che ha subito stop and go a destra come a sinistra solo per strappare il tema all’avversario politico.
Non mi metterò certo qui a ricordare la genesi della riforma del titolo quinto, mi basta soltanto ricordare che l’allora centrosinistra lo propose per evitare che Bossi riportasse la Lega in alleanza con Berlusconi. Eravamo alla vigilia delle regionali del Duemila. Bossi però stava già trattando col Cavaliere la sua riforma federale - la devolution (altro capolavoro...) - e così il Titolo quinto passò. E fu l’inizio del caos, del disequilibrio costituzionale.
Per le regioni insomma vale l’equivoco delle riforme semantiche: i governatori, il premier, l’Europa... Anche i dpcm stanno dentro questo cortocircuito formale e sostanziale, anzi ne ingigantiscono lo scaricabarile. "I governatori volevano decidere? Eccoli serviti>, dicono dal governo. Come se fosse una specie di fiera dove chi urla di più si aggiudica la vacca. La competenza delle Regioni in Sanità è materia esclusiva (per lo più in termini organizzativi) fintanto che si è in una situazione ordinaria ma laddove si è in una situazione di “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica” l’articolo 120 della Costituzione rimette al centro il governo. Il quale governo, sempre Costituzione alla mano, non incide sui diritti fondamentali con un atto amministrativo qual è il dpcm. Ma ormai siamo al tana liberi tutti.
Andiamo oltre. Come possiamo subire la lotteria cromatica quando abbiamo un supercommissario (Domenico Arcuri) che non garantisce la piena trasparenza degli atti, idem i cts? Va da sé che i dubbi di scarsa oggettività ci siano, qui ormai è tutto un abuso di poteri e di posizioni. Inversamente proporzionali alla responsabilità che dovrebbero assumersi. Sta pagando qualcuno gli errori? No.
Se il numero dei contagi con relativi affanni negli ospedali sta aumentando la colpa non può essere dei comportamenti dei cittadini ma di chi avrebbe dovuto organizzare la risposta adeguata. È stato fatto? Ancora una volta la risposta è no. Il ministro Speranza non può pensare che la stesura del suo libro sia un banale incidente di percorso: il fatto che abbia avuto tempo di scrivere in estate un racconto/testimonianza dal titolo lunare “Perché guariremo” significa che ha perso tempo e per di più che ha sbagliato visione. Quella superbia (di cui il libro è impregnato) la pagano i cittadini. I quali stanno reagendo con grande senso di responsabilità e di solidarietà, che tuttavia nei Palazzi non vedono.
A Milano il mercato ortofrutticolo (che è come la Borsa dei prodotti agroalimentari) è entrato in profonda sofferenza: se quel mondo batte in testa significa che tutta la filiera va in affanno. E si accartoccia. A Rimini, una bella iniziativa solidaristica ha visto i negozianti del centro spegnere le insegne e le luci dei negozi per quindici minuti in segno di solidarietà coi colleghi dei bar e ristoranti costretti a chiudere alle 18; se chiudi i bar alle 18 anche i negozi si svuotano. Ed è un danno per tutti.
I negozi di abbigliamento avranno una gelata paurosa perché oltre ai costi fissi, c’è da fare i conti con il pagamento della merci, coi magazzini, con le banche e con la concorrenza dell’ecommerce. A Rimini spengono le luci un quarto d’ora per farsi vedere e sentire in maniera pacifica; qualcuno lo ascolterà oppure preferiranno città buie piene solo di posti dove si ritirano i pacchi? "È pronto il decreto ristoro", rilanciano governo e maggioranza. Ma come ci si può fidare di un governo incapace persino di gestire un buono sconto di massimo 500 euro per una bicicletta? Se pensano che la crisi passi con un clic-day campa cavallo.