un decreto che non ristora
Conte paga metà del danno
Arrivano i soldi. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte promette subito, entro metà novembre. Vorremmo credergli, ma il testo del decreto «ristori» che ha approvato non dice proprio questo. E soprattutto stanzia poche risorse, certamente maledette. In conferenza stampa il premier e i suoi ministri economici hanno assicurato che a un bar cui era arrivato un ristoro di 2 mila euro per il lockdown, ora arriveranno 3 mila euro.
Per un grande ristorante i vecchi 13 mila euro diventeranno 26 mila. Per una piccola palestra si passerebbe da 3 a 4 mila euro. Sarà pure così, e almeno spazza via la disperazione assoluta in cui hanno fatto precipitare gli operatori del settore. Ma si tratta di un contributo per alcuni forse rapido, per altri in tempi assai più dubbi che certamente non compensa il danno che è stato fatto dall’ultimo dpcm del governo. Qui il calcolo è assai più facile. Il nuovo decreto stanzia 5,4 miliardi di euro. Parte di questa somma si trasferisce a copertura dei conti 2021, e quindi non ristora la perdita secca che avranno gli esercizi chiusi nel mese di serrata per ora stabilito. Nella somma ci sono però spese per rafforzare la sanità italiana, aumenti di fondi per le forze di polizia nazionale e locale, e numerosi stanziamenti che nulla hanno a che vedere con le categorie interessate. Mentre abbiamo la certezza di cosa perderà il settore della ristorazione e la filiera agroalimentare ad esso collegata (al netto degli incrementi di fatturato registrato nella grande distribuzione), anche perché il governo ne illustra le cifre di quest’ultima sia pure su base annua: in un mese le perdite da dpcm ammontano a 4,9 miliardi di euro. A questa somma bisognerebbe poi aggiungere i 2 miliardi di euro investiti dal settore per adeguarsi ai protocolli di sicurezza che avrebbero dovuto garantirne l’apertura da metà maggio in poi e che invece ora si sono rivelati inutili. Tanto per capirci, il 65,1% dei bar, dei pub e dei ristoranti si è indebitato per rispettare quelle regole. Di queste il 51,5% fino a 25 mila euro e il 13,6% per somme superiori. Soldi che con questo dpcm il governo ha certificato «buttati via». Quindi di fronte a perdite operative di 4,9 miliardi e debiti di 2 miliardi entrambi provocati dal governo (6,9 miliardi), l’esecutivo ne ristora meno della metà. Perché come è giusto nei 5,4 miliardi di euro stanziati oltre a tutti i capitoli di spesa che non c’entrano nulla con quel dpcm ci sono ristori estranei alla filiera della somministrazione alimentare, come quelli per aiutare la scuola nella didattica a distanza, quelli per le palestre, le sale da gioco, per i teatri, i cinema, gli spettacoli dal vivo, le associazioni sportive dilettantistiche, gli operatori turistici (in crisi, ma non c’entra nulla l’ultimo dpcm), il sostegno all’export, le fiere nazionali e internazionali, gli stabilimenti termali solo per citarne alcuni. Quei fondi quindi non ristorano, mettono solo una toppa e non risolvono i problemi che sono stati aperti dalle scelte incomprensibili e tutt’ora non spiegate del governo.
Aggiungo anche un altro particolare di non secondaria importanza: la copertura delle nuove spese avviene interamente a carico dei tre decreti precedenti varati dal governo, perché i 100 miliardi di aiuti sono stati annunciati, ma non spesi. Avanzavano circa 15 miliardi di euro perché le norme erano scritte male, perché i decreti attuativi non erano stati fatti ed era scaduta la possibilità di vararli, per l’incapacità quindi di governare mostrata da questo esecutivo. Perfino una parte della platea dei nuovi beneficiari degli aiuti dovrebbe fidarsi di quel che viene detto non avendo ancora ricevuto le vecchie somme promesse (e non le riceveranno più, perché appunto vengono utilizzate per il nuovo ristoro). Come potranno fidarsi questi italiani presi a sberle senza un perché? Come potrà attutire la protesta civile ma decisa scoppiata in tutta Italia a cui gran parte dei media si sono mostrati sordi, preferendo fare pubblicità a qualche centinaio di delinquentelli da sbattere in galera che hanno lanciato bombe carta (anche ieri sera a Roma è accaduto al mini corteo di Forza Nuova) e spaccato vetrine. E infatti non si fideranno e già oggi con la Fipe saranno in piazza in dieci città italiane seduti a terra, dove li ha messi questo esecutivo senza tendere la mano giusta per farli rialzare.
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Serviva un ristoro al 100% per compensare scelte ancora una volta non spiegate. E si capisce perché: il governo brancola nel buio sui contagi, non sa nemmeno da dove arrivino. L’ultimo rapporto settimanale dice: «Sono stati segnalati 23.018 casi non associati a catene di trasmissione note (vs 9.291 la settimana scorsa) che corrisponde al 43,5% del totale di casi notificati questa settimana». Aggiunge timido: «Questa settimana sono in aumento i focolai in cui la trasmissione potrebbe essere avvenuta in ambito scolastico» e che «a partire dalla fine di settembre si evidenzia un considerevole incremento dei casi nelle fasce di età 0-18 e 19-50 anni, di cui molti asintomatici». Poi guardi i dati e leggi che la fascia dei contagiati fra 0 e 18 anni che prima era il 2,3% del totale nelle prime due settimane di ottobre è schizzata al 17,3%. Quella 19-50 anni che era al 28% del totale è schizzata al 47%. Che ci vuole per capire che è stata la scuola così come è stata organizzata (tutti agli stessi orari sugli stessi mezzi di trasporto) il motore della ripresa del virus? Ma sapete come è per non umiliare Lucia Azzolina e Paola De Micheli - le due responsabili di quanto accaduto - si preferisce mettere con il sedere a terra milioni di altri italiani. A cui ora dare la mancetta.