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Il governo è dissociato dalla realtà: migliaia di aziende condannate a chiudere. Inutili le soluzioni in campo

Andrea Amata
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Ascoltare la conferenza di Conte all’ora prandiale è stato un esercizio autolesionistico del tipo: istruzioni su come rovinarsi la digestione. Le misure restrittive adottate e la carenza dei provvedimenti stanno procurando un dissesto economico per centinaia di migliaia di aziende, ma Conte si attribuisce abilità di tutela dell’economia impegnandosi ad erogare indennizzi alle categorie più in sofferenza senza specificare, però, l’entità e la tempistica.

Il nuovo dpcm si può configurare come un semi-lockdown, che deprime l’economia di quanti sono impegnati nel settore della ristorazione, palestre, cultura, teatri, cinema e su numerosi altri comparti, non esplicitamente citati, che ne rappresentano l’indotto significativo. Siamo governati da chi ha un rapporto dissociato con la realtà e la elude con una narrazione di genere fantasy che occupa la dimensione onirica.

Le proteste partenopee, in seguito agli editti restrittivi del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, rappresentano una spia di allarme da non sottovalutare. Le manifestazioni di dissenso violente vanno sempre condannate, ma derubricare la contestazione popolare a sintomo criminogeno o subordinata al coordinamento di organizzazioni eversive significa proporre un’interpretazione riduzionistica dei fatti di Napoli. L’espressione del malessere diffuso nel Paese non va criminalizzato o consegnata all’indifferenza perché il rischio è di istigare un’escalation protestataria che può sfociare in un impeto ribellistico. Le mine sociali smistate nel Paese non vanno ignorate o liquidate nella sfera dell’illegalità, con l’effetto di disperdere ulteriore polvere infiammabile nel Paese, ma disinnescate con un programma finanziario che compensi le privazioni generate dal Covid-19. I 100 miliardi di extra-deficit stanziati dal governo, in parte accantonati e giacenti nel bilancio pubblico, sono stati dissipati in molteplici rivoli che non hanno placato le prevedibili tensioni sociali. Eppure, nei mesi antecedenti la recidiva epidemica, si doveva provvedere con misure di ristoro concreto alle fasce economiche più colpite dalle limitazioni alla circolazione. L’imposizione del semi-lockdown, senza al contempo erogare fondi risarcitori per controbilanciare le perdite da restrizione, è equiparabile al patibolo per centinaia di migliaia di operatori economici. La stabilità sanitaria e la tutela della salute nazionale rappresentano certamente delle priorità, ma la loro preservazione non può essere addossata soltanto sulle spalle, già gracili, di alcune categorie. Le partite Iva avvertono il cinismo con cui il governo sta gestendo l’emergenza nella sperequazione degli interventi, tant’è che impegna 2 miliardi per la proroga dell’ampliamento del bonus di 100 euro ai garantiti, che sono ancorati alla certezza del reddito da lavoratore dipendente, trascurando gli autonomi contro cui le restrizioni si traducono in macigni impeditivi per la sopravvivenza.

La pandemia sta producendo una frattura tra garantiti, che percepiscono il reddito indipendentemente dalle chiusure, e coloro che fatturano solo in condizioni di apertura degli spazi di agibilità sociale. L’inerzia del governo nel fronteggiare la crisi socio-economica rischia di incancrenire il disagio e di approfondire il solco fra le due realtà. Far attecchire e diffondere la consapevolezza di subire la perpetuazione di una ingiustizia sociale, che penalizza i più deboli del sistema economico, è come rovesciare taniche di combustibile nella rovente contrapposizione che si sta profilando.

La nostra è sempre di più un’economia agonizzante, i sussidi possono essere un palliativo necessario anche se provvisorio. La maggioranza rossogialla ripete come un mantra parole evocative di investimenti futuristici: riconversione al green e digitalizzazione. Tuttavia, manca una politica di governo capace di sintonizzarsi sulle esigenze contingenti per non smarrire il senso della realtà. Il governo ha fallito, non avendo predisposto, tempestivamente, quelle misure sanitarie, economiche e sociali che attenuassero gli effetti della seconda ondata che era stata pronosticata da tutte le autorità scientifiche. La forza del virus nella prima fase è stata l’imprevedibilità, configurandosi come un evento inaspettato, che esonera dalle responsabilità i titolari del potere pubblico. Mentre la causa della reiterazione virale è identificabile nella impreparazione del governo a gestirne il risveglio. Conte ne prenda atto e agevoli un percorso di discontinuità in nome dell'unità nazionale.

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