accerchiato
Stretta mortale su Conte. Giuseppi nel triangolo Roma-Bruxelles-Berlino
Caro direttore, Conte il triangolo no, non l’aveva considerato. Roma, Bruxelles, Berlino sono oggi diventate per lui come il triangolo delle Bermude in cui, da un momento all’altro, rischia di inabissarsi il suo intrepido volo nella galassia del potere.
Ma andiamo con ordine e partiamo da Roma che va a braccetto con Bruxelles, dove temono che da Palazzo Chigi arrivino dei conti taroccati: il sospetto della Commissione è che la Nota di aggiornamento al Def, snodo fondamentale per i conti pubblici, tarda ad arrivare dal momento che l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, sembra d’intesa riservatamente con il Quirinale, ha fatto sapere al Governo che questa volta non è assolutamente disposto a validare un quadro macroeconomico completamente falsato da poste finanziate dagli aiuti europei, ad oggi peraltro solo proclamati. Sull’onda dell’entusiasmo dei consensi portati dalla pandemia e dei pieni poteri che, come voleva Salvini per sé, si è di fatto avocato, il premier non vede l’ora di capitalizzare anche i 209 miliardi del Recovery Fund, vendendo, com’è nel suo stile, la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Ma dopo tanti bluff c’è chi a Roma, come a Bruxelles, vuole vederci chiaro, Quirinale e Pd in primis. Nonostante il premier cerchi di indorare la pillola anche alle opposizioni, inviando fumose linee guida sull’utilizzo delle risorse europee, nessuno ormai è disposto più a credergli. E Zingaretti, di Maio, Renzi e Speranza sono pronti a presentargli il conto. Anche perché, l’atto stilato dalle commissioni bilancio di Senato e Camera è praticamente una misera relazione che ha preso qua e là spunti e rilievi proposti dai diversi gruppi parlamentari e che, nella votazione di questa settimana, verrà rimpolpata solo da inutili risoluzioni prive di un qualsivoglia quadro organico
Tutto ciò mentre è in corso una bizzarra quanto serrata trattativa all’interno della maggioranza, con il Pd che non intende avallare lo scempio dei numeri di Conte senza la revisione dei decreti di Salvini come contropartita. Lo scambio è sconcertante: non si possono far saltare i conti per piantare bandierine politiche. Promettere, sulla base di numeri fantasma, riforme impossibili come quella del fisco sul modello tedesco, che altro non fa che complicare un sistema, quello italiano, già contorto di suo, significa creare ulteriori illusioni che presto, però, si trasformeranno in incubi. In altri tempi, un aumento del deficit dal 5,7% tendenziale al 7% programmatico per il 2021, come ha intenzione di fare l’Esecutivo, avrebbe portato l’Italia fuori dall’Europa. È quello che Mattarella non vuole neppure sentire, proprio nel momento in cui lui stesso tenterà di giocarsi la carta della riconferma. E infine Berlino. Appena Angela Merkel, seppur «loci causa», lo ha salutato facendo un passo indietro alla «vade retro Satana», Giuseppi, col fiuto dell’avvocato di provincia d’antan, ha capito che qualcosa sta cambiando nel rapporto con l’astuta cancelliera e potente AD del PPE, il Partito popolare europeo. Il pensiero gli è andato indietro nel tempo quando la stessa Merkel, durante il vertice di Berlino sulla Libia, si era rivolta a Luigi Di Maio esclamando a sorpresa: «Bravo Luigi, Heiko (ndr Heiko Maas, ministro degli Esteri tedesco) mi parla molto bene di te». Un feeling che evidentemente continua se nei giorni scorsi, nel salone privato al quinto piano della Farnesina, si è svolto un incontro insolitamente lungo tra Giggino e Armin Laschet, Ministro presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, uno dei cinque vice presidenti dell'Unione Cristiano Democratica di Germania, delfino della stessa Merkel in visita in Italia. Di cosa abbiano parlato i due è ancora top secret. Ma nei rumours, che non mancano mai tra i diplomatici, c’è chi dice che il piatto forte, a differenza degli altri incontri romani avuti, è stato un nuovo avvicinamento con il Ppe, i moderati d’Europa a cui manca, dopo il disfacimento di Forza Italia e la nomina di Giorgia Meloni a presidente del partito dei conservatori e riformisti europei, una forte gamba italiana. Se mai avvenisse l’ingresso del M5S nel cuore del partito più importante d’Europa molte cose cambierebbero. Non a caso i grillini sono stati fondamentali per l’elezione di Ursula von der Leyen, con la Lega di Salvini messa, a partire da quel momento, nell’angolo.
E una volpe della politica italiana come Giancarlo Giorgetti deve averlo intuito al volo se continua a dire che forse è il momento per la Lega di ripensare le alleanze in Europa. Silvio Berlusconi lo ha suggerito in tutti i modi per anni a Salvini, ma il Capitano non lo ha mai ascoltato. E ora, a sorpresa, il sodalizio CDU-5Stelle in prospettiva PPE è per Conte e i suoi numeri da funambolo una rogna in più.