Domenica il Cdm per cambiare i decreti di Salvini ma Pd e grillini litigano ancora
Nadef ancora da scrivere: al tavolo del Cdm c’è solo l’avvio dell’esame per presentare la tabella con i numeri che illustrano l’andamento della finanza pubblica, concordata nel vertice di maggioranza di martedì, per arrivare - si spera - domenica all’approvazione definitiva.
Il Cdm è già convocato per le 20.30 e non sarà facile, perché all’ordine del giorno ci sarà anche la revisione dei decreti sicurezza dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. E se l’intesa è stata raggiunta in estate, alcuni punti di quell’accordo scricchiolano per mano M5s, lamentano dal Pd, in particolare quel che riguarda la protezione umanitaria. Nulla, dunque, è ancora definito. E non è escluso un nuovo slittamento. Il percorso della Nadef, ovvero la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, si fa quest’anno più tortuoso del solito e, screzi politici a parte, non potrebbe essere altrimenti: se due anni fa i ministri pentastellati si affacciavano al balcone di palazzo Chigi al grido di ’abbiamo abolito la povertà’ oggi il Governo tira un sospiro di sollievo per una contrazione del Pil al -9%, una sola cifra anziché due, e guarda con preoccupazione al percorso del rientro dal debito che si allunga considerevolmente.
Questa è la cornice, e per riempirla - il 15 ottobre bisogna presentare il progetto di bilancio, il 30 la manovra vera e propria - alla luce del lavoro sul Pnrr bisogna capire cosa fare con i soldi del Recovery, che comunque arriverebbero a metà 2021,e se usare o meno le nuove linee di credito Mes. Stando alla tabellina della Nadef, il rapporto Deficit/Pil è stimato al 10,8% nel 2020 ma scenderà al 7% programmatico nel 2021 con un’espansione di 1,3 punti rispetto al tendenziale, poi al 4,7% programmatico nel 2022, al 3% programmatico nel 2023. Il Pil è atteso al -9% nel 2020, con un rimbalzo al +6% nel 2021. Il rapporto Debito/Pil è stimato al 158% nel 2020, in discesa già nel 2021 e per il prossimo triennio. Calcolatrice alla mano, per l’anno venturo il Governo prevede una manovra con 21-22 miliardi in deficit, su un totale di almeno 40 miliardi. Oltre alle cosiddette spese indifferibili, servono circa 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale partito a luglio, mentre di più potrebbe costare il prolungamento degli ammortizzatori sociali e del sostegno al reddito per chi è stato maggiormente colpito dalla pandemia, e anche nel 2021 ne vedrà gli effetti. Un capitolo fondamentale, su cui sono già partite le discussioni, è quello della riforma del fisco: è un piano complesso, hanno ribadito più volte premier e ministro dell’Economia, ed entro fine anno dovrebbe arrivare una legge delega ad hoc per avviarlo. Gualtieri ha sempre indicato due priorità: assegno unico e revisione del sistema Irpef.
Ma se sul primo - che comporta il riordino di tutti i bonus e le detrazioni attualmente a disposizione di chi ha figli e costerebbe in manovra circa 5 miliardi - la maggioranza appare compatta, sul secondo punto sono già partiti i distinguo. Zingaretti e Di Maio si sono trovati alleati nel chiedere un "tavolo fisco", senza però che ci sia un accordo sui contenuti, mentre Italia Viva - che di fisco ha chiesto di parlare sin dai primi giorni giallorossi - ha già innalzato un segnale di stop sul cosiddetto modello tedesco proposto dal Mef per superare il sistema degli scaglioni e rilanciato da indiscrezioni di stampa. «Ragioniamo prima del quadro del Def, il lavoro deve ancora iniziare», fermano i renziani, chiedendo una discussione ampia nella maggioranza di governo. Anche nel M5s c’è più di un naso che si storce. Il cantiere è appena partito.