Scuola, la ministra Azzolina ha la poltrona a rotelle
La ministra nel bunker, ma la sorte di Lucia Azzolina sembra segnata. Riapertura o no il 14 settembre, la titolare dell’istruzione si è messa su una poltrona a rotelle destinata all’uscita dal ministero. Ogni giorno ne combina una ed è riuscita a far uscire allo scoperto i nervi tesi di maggioranza e sindacati. La difendono per dovere d’ufficio solo quelli della compagnia grillina, ma senza più tanto entusiasmo.
Sulla scuola e con un ministro issato sulla graticola il governo rischia grosso. Si assiste ad una specie di
corrida, con i sindacati che reagiscono a pallettoni alle accuse di sabotaggio che una ministra sciagurata ha rivolto loro a furia di interviste televisive e sulla stampa. Anziché cercare una tregua Lucia Azzolina ha preferito appiccare il fuoco. È una strategia di corto respiro, perché nella maggioranza sono davvero pochi i disponibili ad immolarsi per lei. Per un giorno potrebbe anche non servire l’opposizione per le contestazioni all’operato della ministra dell’istruzione: si scomoda persino il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, con un tweet di rara chiarezza (“Sulla scuola il Governo usi la collaborazione e non alimenti divisioni”), che ai più sembra un epitaffio.
E’ come se il Partito democratico si sia dimenticato di stare al governo, perché un po’ tutti dal Nazareno sparano a palle incatenate, dal capogruppo al Senato Andrea Marcucci all’eterno dissidente Matteo Orfini. La Azzolina ha stancato e se ne deve andare, è il non detto di queste ore.
La data simbolica del 14 settembre può rappresentare in ogni caso il suo ultimo giorno al ministero. E anche nel caso impossibile di spazi trovati per i milioni di ragazzi che devono far rientro in classe.
C’è un solco profondo che la Azzolina ha scavato con le sue parole tra se stessa e i sindacati, che nella scuola non sono proprio agnellini. Attribuendo loro una sorta di sabotaggio che avrebbe comportato ritardi e confusione; eppure l’organizzazione del rientro di docenti e studenti in classe spetta proprio al ministero. Che ora getta la palla in tribuna con la sua responsabile politica.
Di qui a poche settimane dovrebbe compiersi una specie di miracolo laico, che non sta solo nell’ingresso in classe di una moltitudine di giovani in tutta Italia.
Perché il 14 settembre non si disputa una Olimpiade della scuola.
Perché – pur se importante – non c’è solo il problema delle famiglie che non sanno come fare per i loro figli.
Ma si tratterà della ripresa di un ciclo formativo che è essenziale per il futuro. Riapriranno le scuole, ma nessuno ha capito come si insegnerà ai ragazzi. Si è parlato di tutto, mascherine, distanziamenti, banchi con le rotelle. Ma la domanda è: come si garantirà la qualità della formazione se si torna a scuola senza una strategia che faccia recuperare agli studenti i troppi mesi persi quest’anno?
Ed è quello a cui avrebbe dovuto rispondere Lucia Azzolina e che invece non abbiamo ascoltato da lei nelle sue fin troppo numerose comparsate televisive. Paradossalmente, la riapertura pure totale degli istituti – e non avverrà – è nulla se non si spiega come garantire il recupero della formazione rimasta in arretrato. E come tutto questo inciderà nelle valutazioni di ogni singolo studente.
Il resto atterrà alla legittima polemica politica, che però non risolve il problema di un apprendimento corretto. Ci si occupa – ed è normale – della salute, ma si trascura l’istruzione come momento centrale nella formazione dell’individuo. Si parla di tutto tranne che della preparazione corretta per i nostri figli.
Su questo tema si giocherà anche quel che sarà del governo dell’Italia, ma per Conte e soci sarà una partita a perdere. Italia Viva è sul piede di guerra e il Pd non ha intenzione di morire per la Azzolina. C’è da scommettere che la festa dell’Unità che Zingaretti inaugura la prossima settimana rappresenterà politicamente il funerale – a distanza – della ministra dell’istruzione.