covid e diritti
Vittorio Sgarbi: ora basta, l'emergenza non ha più senso
Sembrava più vittima del raptus che del virus, Vittorio Sgarbi. Per mesi è stato costretto quasi a doversi giustificare per le sue posizioni sul Covid-19. Ha contestato il catastrofismo di casa nostra e le critiche agli altri paesi («i 74mila morti nel Brasile di Bolsonaro equivalgono a meno dei 35mila italiani, a causa di una popolazione quattro volte superiore alla nostra»). Lunedì mattina, al Senato, il popolare deputato e critico d’arte presenzierà a un dibattito proprio sul coronavirus, voluto dal neonato Osservatorio permanente sulle libertà fondamentali.
È l’occasione per raccontare l’altra faccia di un’emergenza «che non ha più motivo di esistere». Ne parla sin da oggi in questa intervista a "Il Tempo".
Premessa: perché uno scienziato come il virologo Guido Silvestri ha declinato l’invito al vostro convegno?
«Per incompatibilità personali con un altro studioso anziano, Giulio Tarro. Mentre il sedicente Patto trasversale per la scienza, con il suo presidente Lo Palco, candidato per il Pd alle prossime elezioni regionali e fintamente dimissionario, si è messo a parlare di finalità elettorali. Le loro, se mai. E comunque non importa: la mia relazione trarrà abbondanti spunti dalle tesi squisitamente e nobilmente politiche, nel rapporto fra politica e scienza, di Silvestri. Che condivido. Se qualcuno non viene perché c’è Salvini, pazienza. Ma è stato necessario, per ottenere la sala al Senato, che un gruppo la richiedesse».
Ma a che serve concretamente l’osservatorio?
«A respirare libertà. In questi mesi ci si sono messi in molti a farmi pagare posizioni».
Coraggiose...
«Esatto. E ho voluto chiamare scienziati altrettanto coraggiosi, Tarro, Zangrillo, Gismondo, Bassetti, lo stesso Silvestri, dimissionario...»
Silvestri non ti va proprio giù...
«Mi pare meschino non venire per Tarro, per le solite gelosie. Il suo collega Marco Bella, parlamentare dei 5 stelle, mi ha scritto quattro giorni fa: "Guido Silvestri ha detto che viene volentieri (in videoconferenza) e ti ringrazia". Ma l’importante è la discussione libera, e in fondo la cornice del Senato ne è la prova più evidente. Un comitato tecnico scientifico ombra».
Ma poi l’osservatorio che farà?
«Ci riuniremo anche su altri temi, tutti legati al tema della libertà. Pensa quanto c’è da dire e approfondire sulle questioni legate al ddl Zan, che fa rischiare la galera per una battuta ironica».
Torniamo alla pandemia. Libertà e salute vanno assieme?
«Bella domanda. Il tema è rappresentato dalla prevalenza reale del rischio. Che succede se tutto è aperto. Comprimere le libertà come abbiamo fatto noi è stato davvero eccessivo. Bisognava ascoltare chi diceva, come un altro grande medico, il dottor Mantovani dell’Humanitas, che bisogna fare due cose: stare all’aria aperta, e invece ci hanno reclusi in casa; proteggere i nostri vecchi, e invece abbiamo "arrestato" i giovani».
Al posto di Speranza che avresti fatto?
«Avrei tenuto a distanza un vanesio come Ricciardi. Quando lo senti parlare sembra dispiaciuto se i morti sono pochi. Sarebbe stato meglio assumere un matematico. Un virus non dura più di 70/90 giorni. Invece il ministro ha preferito fare ricorso ai catastrofisti, ignorando quella parte della scienza più prudente rispetto alla pandemia. Eppure non si tratta di matti».
Neanche Conte ti è piaciuto?
«Nutro molti sospetti, ha tentato di offrire un modello rigoroso dell’Italia e si è permesso di farlo pure in ritardo. I primi provvedimenti sono stati adottati più di un mese dopo la proclamazione dello stato di emergenza: come fai a fidarti... Chiudere Matera esattamente come Bergamo mi è sembrata una follia, dettata dalla voglia di comunicare. Tv e giornali inondati, il premier agiva sotto dettatura di Rocco Casalino. Semmai, se proprio si doveva chiudere, andava fatto prima e non dopo».
Ma credi davvero che chi indossa ancora la mascherina sia un vile?
«Non dico questo, né nego il diritto alla paura. Ma abbiamo vissuto una stagione buia, io ho avvertito il senso della minorità rispetto ai numeri soverchianti determinati da chi ci incuteva il timore della malattia. Eravamo trenta contro settanta, oggi c’è una parità sostanziale, c’è la crescita dell’ottimismo, si cominciano a rispettare anche le voci come le nostre, come la mia».
Ti vaccinerai?
«Non ero novax, non diventerò ipervax. Di fronte al vaccino bisogna essere laici, ce ne devono spiegare l’utilità, sennò diventa un atto di fede...».