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Montanelli, la riunione dei partigiani di Indro nel suo ristorante preferito a Roma

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Massimiliano Lenzi
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Cominciamo questo articolo con una frase di Indro Montanelli, oggi che in Italia gli tirano la vernice rossa su un monumento dove lui è ritratto seduto, lui che per quelli che amavano la seggiola aveva sempre parole di ortica e di noia. La frase è questa: “Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante”. Ieri a Roma, in un ristorante che prova a evocare i sapori di Toscana a pochi passi dal Cupolone dei preti e non lontano dal Parlamento dei politicanti che chiacchierano e guadagnano, si son radunati i partigiani di Montanelli, in questa epoca di conformismi un urlo liberale al vento e pure a tavola. Il ristorante ha un nome curioso, “Il Buco”, e Montanelli ci capitava spesso. Così in una stanza in ombra (ma non troppo) ad un tavolo conviviale, nascosto al gossip, si son ritrovate alcune penne de “Il Giornale” di una volta.

C’era il giornalista Paolo Liguori, c’era Andrea Pucci, direttore di News Mediaset, c’era Antonio Tajani, giornalista passato alla politica, c’era Arturo Diaconale, sapida penna con un solo difetto: è appassionato tifoso laziale. E c’era pure il giornalista Guido Paglia - che ha anche pagato il conto del pranzo - con la figlia bella e altera di cui non ricordo il nome ma il viso sì. E poi c’era tanta altra gente, compreso chi scrive che con Montanelli non ha mai avuto rapporti, né professionali né umani, se non la coincidenza geografica di essere nato a pochi chilometri da Fucecchio, Betlemme autarchica dell’Indro nazionale. Il fatto è che in tempi di  conformismo intellettuale dove il politicamente corretto sta fottendo ogni libertà possibile ricordare Indro Montanelli diventa, di per sé, un gesto libertario. Punto. Anzi, come avrebbe scritto lui, un gesto controcorrente.

Perché l’Italia oggi, per citare Renato Angiolillo (di cui campeggia ancora una magnifica foto al ristorante “Il Buco”, accanto a quella di Indro Montanelli), fondatore de “Il Tempo” - giornale che avete ancora la bontà di leggere - è troppo abituata “alla flatulenza degli avvinazzati del Potere”. Motivo per cui turarsi il naso, caro Indro, oggi non basta più a sopravvivere senza incazzarsi. Ma questa è un’altra storia.

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