Coronavirus, onorevoli senza ferie. Il Covid fa cadere il tabù
Non saranno i parlamentari a rilanciare il boccheggiante settore turistico italiano. Il 2020, oltre a essere ricordato come l’anno del Coronavirus, passerà alla storia anche come quello in cui le Camere hanno rinunciato a un privilegio storico: le maxi-ferie (nel 2019, per dire, Montecitorio si fermò per la bellezza di 38 giorni).
Il Senato ha già ufficializzato l’addio alla pausa estiva. Lo ha fatto attraverso una nota della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ha risposto a un appello del mondo industriale rilanciato dal quotidiano «Il Resto del Carlino». «Il Senato non andrà in ferie. Così come è rimasto aperto e ha lavorato anche durante l’emergenza dei mesi scorsi - ha scritto la presidente - non chiuderà nemmeno nel mese di agosto. Il Paese è in difficoltà e ha bisogno di risposte immediate. Il Senato non si tirerà indietro: è questo l’impegno che assumiamo con gli italiani, in un momento così drammatico della nostra storia».
La Camera dei deputati, invece, non ha ancora preso una decisione in tal senso, rinviando il «verdetto» alla riunione dei capigruppo che si terrà nell’ultima settimana di luglio. Ma tutto va nella direzione di una scelta analoga a quella di Palazzo Madama. Oltre ai motivi di opportunità (già durante il lockdown le Camere hanno lavorato part-time, difficile giustificare un ulteriore eccesso di riposo) ci sono quelli legati all’attività legislativa. Se, come appare certo, il decreto Semplificazioni dovesse essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale all’inizio di questa settimana, la sua conversione in legge non potrebbe avvenire oltre i primi quindici giorni di settembre. L’iter partirebbe dal Senato, dove si svolgerebbe pure il grosso del lavoro in commissione, ma Montecitorio avrebbe comunque il compito dell’analisi finale del testo. Senza contare che nell’ultima seduta attualmente calendarizzata dalla Camera dei deputati, il 27 luglio, è previsto l’arrivo in Aula di una serie di provvedimenti di primo piano: dalla proposta di legge sull’omofobia a quella sulla separazione delle carriere dei magistrati, dal ddl sul conflitto d’interessi all’annosissimo dibattito sulla legge elettorale. Difficile, se non impossibile, che i vari dossier vengano rinviati a settembre-ottobre, col rischio di sconfinare nella sessione di bilancio.
C’è poi un altro fattore da considerare: con l’election day programmato per il 20-21 settembre, da metà agosto la campagna elettorale entrerà nel vivo. Quindi i parlamentari saranno chiamati a un vero e proprio tour de force. Semmai potrebbe scapparci qualche bagnetto a margine di un comizio, non certo una fuga in un lontano paradiso tropicale.
Del resto, dopo l’annuncio della Casellati il mondo della politica si è espresso all’unanimità: «Tante imprese e tanti italiani quest’estate lavoreranno per recuperare i mesi persi con il lockdown. Anche la politica deve dare l’esempio. Anzi, noi di Forza Italia lanciamo una proposta. Vista la crisi, anticipiamo la sessione di bilancio. La finanziaria sia presentata dal governo a fine luglio e ad agosto il Parlamento lavori per approvarla al più presto» ha detto la capogruppo azzurra alla Camera Mariastella Gelmini. Stessi concetti espressi da Matteo Renzi di Italia Viva («lo fanno gli imprenditori, lo deve fare il Parlamento: non è populismo, ma buon senso») e da Vito Crimi dei Cinquestelle («Siamo in piena crisi, altro che programmar ferie...»). Insomma, per una volta tutti d’accordo. L’importante è sanificare i condizionatori. Altrimenti la situazione politica sarà bollente. Non solo metaforicamente.