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Vittorio Sgarbi contro Mara Carfagna: ora querelo, insulti inventati

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Finisce in Tribunale la cacciata dal “tempio” parlamentare di Vittorio Sgarbi. Lo storico dell’arte querela Mara Carfagna e Giusi Bartolozzi. Giovedì 25 giugno, il politico ha tenuto un discorso contro la magistratura e il caso Luca Palamara nell’ambito degli interventi sul decreto Giustizia, ma quando è tornato al suo posto ha iniziato a inveire e offendere la deputata Giusi Bartolozzi e la vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, che presiedeva la seduta. Sgarbi avrebbe usato parole irripetibili come “tr**a” e “st**za” costringendo la Carfagna a espellerlo dall’aula.

Davanti alle sue resistenze, i commessi lo hanno portato via di peso. Ma il critico d’arte, ex militante di Forza Italia proprio come la Carfagna, ha rincarato la dose su Twitter mandando un messaggi trasversale: “Non appartengo alla categoria dei pavidi, dei vigliacchi, dei tornacontisti. Dico quel che penso. Ci metto sempre la faccia. Sto in Parlamento a testa alta. Chi mi attacca è solo perché ricordo loro cosa sono e sono stati, come hanno ottenuto quei posti e come verranno ricordati”.

Insomma, chi vuole intendere intenda. Ma Sgarbi ha deciso di andare oltre e di querelare la Carfagna e la Bartolozzi per aver inventato i gravi insulti. Nel comunicato che ha pubblicato sui canali social, il deputato va al contrattacco: “Due indignate “a comando”: tutto sono tranne che vittime”. E nega con forza l’accusa di aver rivolto loro insulti sessisti e volgari: “Le sole parole “irripetibili” che ho pronunciato all’indirizzo delle due “indignate di comodo” sono: “ridicola” alla Bartolozzi e “fascista” alla Carfagna. Parole perfettamente aderenti ai loro comportamenti. Quanto alla Bartolozzi, ex magistrato, le ho anche evocato il nome di “Berlusconi”, solo per ricordarle che si trova in Parlamento proprio grazie alla generosità di Silvio Berlusconi, l’uomo più perseguitato d’Italia da certa magistratura. Quella magistratura che io ho denunciato nel mio discorso alla Camera e che lei ha ciecamente difeso, come se lo scandalo delle chat di Palamara fosse una invenzione. (…). Quanto all’ex soubrette in catene Mara Carfagna (lo so, ricordare ciò che siamo stati è sempre un esercizio faticoso) ribadisco che impedirmi di parlare e votare è un atto fascista. Ma le due “indignate a comando” cosa fanno? Montano una ignobile strumentalizzazione politica mostrandosi come vittime. Evocano il sessismo pretendendo in quanto “donne”, una sorta di immunità alle critiche, esercitando, loro sì, una forma di intimidazione nei miei confronti. Pertanto – aggiunge Sgarbi – vista la grave diffamazione consumata ai miei danni con accuse false, dovranno portare le prove in un tribunale, il solo luogo in cui si potrà parlare liberamente di ciò che ho detto, visto che il Parlamento è diventato un luogo di censura e di restrizioni. In quella sede si potrà anche ricostruire il percorso che ha portato la Bartolozzi e la Carfagna in Parlamento. In modo che, anche se con anni di ritardo, si possa poi dire: aveva ragione Sgarbi”.

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