La vendetta di Palamara scatena la guerra dei giudici

Un anno dopo la sua crisi peggiore di sempre, l’Anm espelle Luca Palamara mentre prosegue, con fatica, il lungo viaggio, tutto in salita, per il recupero di fiducia e credibilità. Ma la cacciata dal sindacato delle toghe del suo ex presidente, finito al centro dello ’scandalo nomine', non chiude le polemiche, a cominciare da quelle del diretto interessato che va al contrattacco sottolineando di essere stato trasformato nel capro espiatorio di un sistema nel quale è lui a "pagare per tutti".

 

  

Pronta la risposta nell’Associazione secondo la quale, Palamara "mente e mistifica i fatti", quando sostiene di non aver avuto la possibilità di difendersi dalle accuse che hanno portato alla decisione: "È stato sentito dai probiviri e in tutta la procedura disciplinare non hai mai preso una posizione in merito agli incontri con consiglieri del Csm, parlamentari e imputati", scrive in una nota l’Anm aggiungendo che "le regole si rispettano, anche quando non fanno comodo".

 

 

Il pm 51enne risponde di corruzione nell’inchiesta della procura di Perugia che, poco più di un anno fa, ha scatenato, con una serie di intercettazioni pubblicate dai media, caos e veleni nel Csm e in tutta la magistratura italiana. Non ci sta Palamara ad essere considerato la pedina centrale di un sistema nel quale, ammette, le correnti vengono anche usate per fare carriera, con i mali e le degenerazioni che questo comporta. L’ex membro del Csm rilascia interviste, fa i nomi di colleghi, e viene querelato da uno dei citati, il pm e segretario di AreaDg Eugenio Albamonte. Mentre il suo legale, Benedetto Buratti, lo difende, sottolineando che "ci si dovrebbe seriamente interrogare sul trattamento ricevuto dal dottor Palamara, privato di difesa, e di come il trojan inoculato non abbia carpito nulla di penalmente rilevante".