Il Recovery fund ora è più lontano. E per Gualtieri il Mes è attraente
Come ampiamente previsto al momento della presentazione dello scorso maggio, il Recovery plan, non vedrà la luce così facilmente come descritto invece dal premier Giuseppe Conte. Così i titoli dei giornali (non quelli de Il Tempo) che magnificavano il poderoso strumento che avrebbe messo a disposizione dell’Italia oltre 172 miliardi di euro, un’ottantina dei quali addirittura a fondo perduto, rischiano di restare inchiostro sprecato. Non sarebbe stato facile superare l’opposizione e i paletti dei paesi del Nord geneticamente poco inclini a finanziare le spese dei paesi del Sud. E così è stato. La capacità di mediazione vantata da Conte pareva, a suo dire, sufficiente a superare tutte le resistenze. E invece le illusioni sono finite presto, incagliate sulle trattative per rendere operativo il fondo.
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L’Unione europea resta spaccata sullo strumento che dovrebbe contare su 750 miliardi di dote, con i Paesi cosiddetti frugali (Olanda, Austria, Svezia e Danimarca) ribattezzati «tirchi» che non hanno perso mai l’occasione per dimostrarsi inflessibili sull’uso delle risorse. Mentre una parte dei paesi del patto di Visegrad (Ungheria e Repubblica Ceca) ha criticato la quantità di risorse dirette all’Italia usando però l’argomento per chiedere più soldi. E anche se Roma per bocca del premier Conte ha avvertito: «Non possiamo permetterci compromessi al ribasso» l’atmosfera non è delle migliori per chiudere, come detto inizialmente, il meccanismo del fondo già nel vertice Ue di venerdì. Sarà una videoconferenza tra tutti i leader ma è già chiaro che si tratterà solo di un summit interlocutorio, come lo stesso presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha spiegato fin dal momento della convocazione. Dunque in pieno stile Bruxelles si prende tempo. Aspettare è il leit-motiv dell’euroburocrazia che, piuttosto che decidere rapidamente, preferisce soprassedere. Così l’obiettivo di uno straccio di documento che possa far arrivare le risorse in tempo utile non è più fine giugno.
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Ora la nuova linea del negoziato è quella di raggiungere un’intesa entro fine luglio, o comunque prima della pausa estiva. Non sarà semplice per Conte e Gualtieri portare a casa un risultato. Se salta, come prevedibile, l’accordo a luglio, le vacanze sono a un passo. E a Bruxelles ad agosto il deserto è la regola. Così in attesa della pioggia di aiuti a fondo perduto, il Mes inizia a diventare un’opzione più credibile. Il ministro Gualtieri se ne sta addirittura innamorando. «Nonostante la crisi abbiamo un tasso di spread che sta ritornando a livelli pre Covid-19. Il Mes e anche altri loans del Recovery Fund sono strumenti attraenti perché ci consentono di avere fondi a tasso zero e ci fanno risparmiare sugli interessi. Il Governo valuterà con grande attenzione tutti questi strumenti. Il negoziato è ancora in corso, quando si concluderà prenderemo le decisioni più appropriate». Speriamo appropriate anche per i cittadini.