difesa disperata
Stati Generali, Conte messo all'angolo: cosa si inventa con gli industriali...
Giuseppe Conte prova a ridimensionare lo scontro con gli industriali sulle misure del governo per combattere la crisi dovuta alla pandemia di coronavirus. Nel "progetto che avete davanti voi troverete anche una misura che il dottor Bonomi (Carlo, presidente di Confindustria, ndr) ci voleva 'rubare': qui c’è il piano di transizione 4.0 ma c’è anche il nuovo piano di transizione impresa 4.0 plus, dedicato a chi vorrà volgere le sue attenzioni e innovare in modo ancora più spiccato, abbracciando le nuove tecnologie digitali ancor più sofisticate, l’intelligenza artificiale, il blockchain, una transizione green ancora più spinta", scrive il premier nell'intervento dedicato all'incontro con Confindustria e gli organismi del mondo produttivo durante gli Stati Generali dell'Economia in corso a Roma a Villa Pamphili.
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"Non abbiamo una concezione collettivista della produzione o statalista dell’economia. Non ci appartiene, non è nella filosofia della linea politica economica di questo Governo e non accarezziamo neppure un modello cripto-dirigista in campo economico", assicura Conte nel discorso che riportiamo integralmente qui sotto. parole che non convincono gli industriali che sono tornati all'attacco sulla cassa integrazione, le accise dell'energia e le misure inefficaci del governo per fronteggiare la crisi.
L'intervento di Conte: "Oggi, con la vostra presenza, continua questo confronto con i rappresentanti delle forze produttive del Paese.
Abbiamo scelto di dedicare questa giornata interamente ai rappresentanti del mondo dell’industria, con particolare attenzione ad alcuni fra i settori più colpiti dalla recessione innescata in conseguenza dell’emergenza epidemiologica: la manifattura, l’edilizia, l’automotive, la logistica e i trasporti, con la consapevolezza che tanti altri settori sono stati toccati e ai quali dedicheremo lo spazio già domani e nei prossimi giorni.
Il quadro macroeconomico che abbiamo di fronte si presenta molto complesso. Eravamo tutti consapevoli che questa emergenza avrebbe portato con sé costi molto alti, non solo quelli umani che non potremo mai dimenticare, ma anche costi sociali ed economici. Peraltro, da un confronto che manteniamo sempre aggiornato con le maggiori autorità economiche nazionali come la Banca d’Italia o le autorità europee: come avete sentito, sabato c’è stato un grande confronto con esperti economisti con cui abbiamo derivato non solo alcuni aggiornamenti sui trend e sulle stime molto negative, ma anche convenuto sul fatto che l’incertezza che si è scatenata non si scioglierà certo nel giro di qualche mese. Basti pensare che con la riapertura delle attività, pensiamo alle vendite al dettaglio, non si è ripristinato un circuito dei consumi rispetto alle attese.
Proprio questa mattina, l’Istat ha pubblicato gli ultimi dati disponibili relativi al fatturato dell’industria nel mese di aprile. Sono cifre che fotografano una congiuntura drammaticamente difficile: il fatturato dell’industria è calato del 29,4% rispetto al mese di marzo e del 23,9% nella media dell’ultimo trimestre rispetto a quella dello stesso periodo del 2019.
Il calo congiunturale del fatturato è esteso sia al mercato interno che a quello estero e questo raddoppia e moltiplica la caduta.
Si tratta, per l’Italia, di una crisi tra le più profonde della storia della Repubblica, ma all’interno di uno scenario recessivo che investe l’intera economia mondiale e che non risparmierà alcun settore, alcun Paese, alcuna filiera produttiva, con il rischio di incidere in maniera strutturale sulle catene del valore mondiali.
La portata delle trasformazioni in atto è insidiosa e rischia di da mettere in discussione l’intero modello di sviluppo globale sinora adottato. La sfida principale che siamo chiamati ad affrontare è quella di offrire una risposta economica che sia all’altezza della sfida, e che possa sventare ogni minaccia di ripiegamenti autarchici.
Siamo chiamati a salvaguardare e preservare il nostro tessuto produttivo e non solo, ma molto di più. La nostra economia, il nostro tessuto sociale, i sistemi di protezione che avevamo costruito negli anni: è insomma in gioco il sistema liberal-democratico e il libero commercio, si tratta di una sfida molto importante. Abbiamo reagito da subito e abbiamo messo in campo tante misure, abbiamo apportato con lo scostamento per 80 miliardi, abbiamo messo sul campo una risposta vigorosa. Poi c’è stata una serie di altre misure che hanno avuto un impatto considerevole se parliamo delle garanzie di liquidità. Abbiamo cercato di intervenire a 360 gradi per proteggere la nostra comunità nazionale, le nostre imprese e i cittadini. Era impensabile che tutte queste misure, da adottare nel ciclo di qualche settimana o addirittura dei giorni, potessero dispiegarsi a terra di punto in bianco. Quasi che potessimo confezionarle per mesi avendo pure la possibilità di sistemare preventivamente il quadro burocratico del Paese.
Ci siamo trovati a fare interventi – penso alla Cassa integrazione – che normalmente facevamo nell’arco di cinque o sei anni. Stesso discorso anche per le necessità delle imprese, dove c’erano aspettative di pochi giorni e poche settimane. Quindi è chiaro che delle criticità si sono rivelate e, come sapete bene, anche sulla prospettiva della liquidità non è sufficiente disegnare un modello normativo pensando che possa conformarsi all’unisono in maniera perfetta. Facciamo ammenda per eventuali carenze che si stanno dimostrando e abbiamo l'umiltà di ammettere ritardi ed errori. Fermo restando che certo non possiamo essere chiamati a rispondere di carenze strutturali che il sistema Italia si porta dietro da circa 20 anni. Se il nostro Paese è da tanti anni che in termini di prodotto interno lordo o produttività è al di sotto della media europea allora forse è perché evidentemente ci sono problemi strutturali che si trascinano e che purtroppo in Italia ancora non siamo ancora riusciti a risolvere.
Però la questione non prevede di piangersi addosso, bensì la predisposizione del Governo è nel valutare le prossime misurare che bisognerà adottare nell’immediato.
Questo è un piano, da qui non ci distraiamo neppure in questi giorni, siamo anche in costante aggiornamento con i nostri uffici per contribuire alla messa a terra delle misure che abbiamo varato.
Allo stesso tempo però, qui si prospetta un doppio binario. Abbiamo una responsabilità storica che altri prima di noi nella storia repubblicana non hanno mai avuto: quella di programmare ed esprimere una visione strategica insieme a interventi di più ampio respiro. E lo dobbiamo fare perché questo è il momento per farlo.
C’è una bella espressione di Keynes, richiamata anche dal Governatore Ignazio Visco, che diceva che per programmare nel medio e lungo termine bisogna già agire oggi, perché altrimenti già oggi siamo in ritardo se vogliamo avere effetti nel medio e lungo periodo.
Da qui l’iniziativa del Governo, che parte dal contesto europeo. Siamo stati sulla linea del fronte, quella più avanzata, per rivendicare una risposta europea robusta, coordinata e vigorosa. Ci siamo battuti all’inizio quando i miei omologhi, la maggior parte dei Capi di stato e di governo riteneva che servisse attendere per elaborare delle risposte, quando invece noi abbiamo subito manifestato chiarezza sulla portata di questa recessione e abbiamo invitato tutti a considerare che non potevamo ritardare oltre.
Perché è chiaro che se tu ritardi la risposta, le cifre che si stanno programmando non saranno sufficienti. Ma io ho detto molto di più: saranno del tutto inutili. Se ritarderemo le risposte potremo certificare il fallimento del mercato Unico, dei pilastri dell’Ue. Salterà tutto, il mercato Unico, il trattato di Schengen, salterà la protezione de benessere dei cittadini europei, delle imprese, delle famiglie.
Perché è evidente che se non si interviene uno shock sinergico coinvolgerà tutti. Ma chiaramente all’esito di queste macerie avremo dei paesi che avranno dimostrato una maggiore resilienza, sono forti dello spazio fiscale che non tutti hanno e a quel punto la frammentazione del mercato unico sarà così evidente che l’idea di Europa non la recupereremo più.
Per fortuna, non abbiamo declamato nel deserto. Da subito ci hanno affiancato altri otto Stati e con loro abbiamo combattuto questa battaglia. Come sapete, venerdì ci sarà un passaggio molto importante, con il Consiglio europeo, anche se non determinante. La partita decisiva sarà a luglio.
L’Italia in questa prospettiva deve assolutamente cogliere questa opportunità. Il nostro Paese ha dimostrato storicamente la sua forza e le proprie capacità quando ha dovuto affrontare una ricostruzione ed è riuscita a tramutare in poco tempo questa ricostruzione in un miracolo economico. Ma l’ha dimostrato anche quando all’inizio di questa pandemia eravamo gli untori dell’Europa. Credo che ognuno di voi, da cittadino italiano, in quei giorni si è sentito avvilito, angosciato. Tutti siamo stati in questa condizione, tutti gli italiani. Per un momento ci siamo sentiti come se fossimo gli untori d’Europa: questa pandemia sembrava colpire solo noi, con un danno di immagine che si preannunciava terribile. Poi è successo quel che è successo e la comunità nazionale, non solo il Governo, ma tutti hanno fatto la propria parte: le imprese, le famiglie, i singoli cittadini, coloro che hanno lavorato al fronte, il personale medico e paramedico, le forze di Polizia, le forze della Protezione Civile. Tutti hanno svolto il loro compito e hanno saputo affrontare con coraggio, determinazione e senso di responsabilità questa situazione. Anche coloro che sono stati a casa, soffrendo, e hanno dovuto cambiare le proprie abitudini.
A testa alta adesso veniamo considerati in Italia, in Europa e nel mondo. Abbiamo attivato delle linee di intervento che sono state replicate e assunte di riferimento da altri Paesi. Siamo stati i primi a uscire e ad affrontare in modo lineare, efficace e con dignità questa pandemia: adesso dobbiamo allora essere i primi, come stiamo facendo, ad affrontare il rilancio e la ricostruzione. Dobbiamo essere consapevoli che qui ci sono problemi strutturali, se non li affrontiamo adesso difficilmente avremo a disposizione un’altra occasione. Li dobbiamo affrontare insieme perché, come ho già detto, questo Governo ha la chiara consapevolezza e responsabilità che non intende trattare queste risorse europee che verranno, questi fondi, come il proprio tesoretto.
Sarebbe irresponsabile assumere questa disposizione d’animo prima che operativa. Non è un tesoretto a nostra disposizione, sarebbe assolutamente sbagliato affrontare questa prospettiva con questo atteggiamento.
Qui nei giorni scorsi abbiamo lavorato intensamente. Vi è stato presentato un piano di rilancio che nasce da un lavoro fatto, da obiettivi programmatici di questo governo sui quali abbiamo chiesto e ottenuto la fiducia dal Parlamento. Quindi abbiamo una legittimazione su questi obiettivi che si ricollega dal punto di vista temporale alla nascita di questo Governo.
Di nuovo c’è una esperienza di governo già compiuta e c’è la pandemia che abbiamo affrontato. C’è una nuova realtà economica e sociale che ci impone dei ripensamenti, che ci impone un colpo di reni e di elevare ancor di più il livello di ambizione della nostra azione. Qui abbiamo la politica economica e sociale molto articolata. Abbiamo obiettivi programmatici, mission e singoli progetti. Circa 187 tra mission e singoli progetti. Li abbiamo studiati con i ministri e già condiviso con i gruppi parlamentari di maggioranza che sostengono questo governo. È già un lavoro ampiamente condiviso. La stiamo offrendo a questo confronto a tutte le forze produttive e sociali del Paese con cui ci stiamo misurando e torneremo ovviamente a offrirlo anche alle forze di opposizione.
Vogliamo avere un confronto ampio e costruttivo, vi chiediamo suggerimenti su queste proposte, valutazioni e critiche. Se sono critiche costruttive ci aiuteranno a migliorare questi progetti, se invece sono critiche negative, più radicali, ci consentiranno di fermarci un attimo a pensare e valutare, sarà uno stress test per valutare se davvero quel progetto riterremo di continuate a portarlo avanti. Ma sicuramente ci torneranno utili.
Nei prossimi giorni vi preghiamo di farci pervenire delle osservazioni specifiche. Se volete, al di là degli appunti che ci farete pervenire, possiamo anche ritrovarci in presenza. Detto ciò, finito questo ciclo di incontri, inizieremo subito a lavorare con celerità: già dalla prossima settimana inizieremo a ricavare la versione finale. Ecco perché vi chiedo di farci arrivare subito le vostre osservazioni. Una volta ricavata la versione finale e messo a punto il rilancio dell'azione del Governo, noi andremo a declinare delle priorità, a dare una prospettiva diacronica a quei progetti: dopodiché ricaveremo quello che sarà il più circoscritto Recovery Plan italiano. Quello, cioè, su cui chiederemo i finanziamenti all'Europa e che presenteremo a settembre. Quella data non è lontana, anche perché un progetto europeo che deve valutare bene la nostra capacità di spesa va articolato per bene sia sul piano cronologico che sul piano dell'impatto finanziario. Non possiamo presentare un documento buttato lì solo per avere dei fondi molto prospicui: occorre presentare un progetto concreto per il nostro Paese. Con il quale noi stessi dovremo misurarci con dignità ed orgoglio.
Per concludere, vorrei solo chiarire un aspetto. Non so perché, ma leggendo dalla stampa sembra che qualcuno pensi che questo governo abbia un pregiudizio nei confronti della libera iniziativa economica. Questo a nome del Governo voglio precisarlo molto chiaramente: le misure che noi abbiamo elaborato e inserito nei nostri provvedimenti, per buona parte anche consistente, sono dedicate al sostegno delle imprese (pensiamo alle misure volte a favorire la capitalizzazione delle imprese, che secondo la nostra diagnosi è uno dei vulnus e dei motivi di fragilità tradizionale del tessuto produttivo italiano, specie se parliamo delle pmi che poi ci rendono primi in Europa). Si può discutere sulle misure e non c'è dubbio che ci sia una costante attenzione del Governo per il sostegno alle imprese. E in questo progetto che avete davanti voi troverete anche una misura che il dottor Bonomi ci voleva “rubare”: qui c’è il piano di transizione 4.0 ma c’è anche il nuovo piano di transizione impresa 4.0 plus, dedicato a chi vorrà volgere le sue attenzioni e innovare in modo ancora più spiccato, abbracciando le nuove tecnologie digitali ancor più sofisticate, l’intelligenza artificiale, il blockchain, una transizione green ancora più spinta.
Non c'è alcun pregiudizio. Per noi l'impresa è un pilastro della nostra società, è il tessuto produttivo, si sta facendo di tutto per preservarlo, produce crescita economica, produce sviluppo e innovazione, genera valore sociale. Possiamo avere diversità di opinioni, ci mancherebbe che intorno a un tavolo del genere con tante sensibilità dovessimo pensarla tutti allo stesso modo, ma qui non c'è nessuna remora culturale, nessun pregiudizio ideologico: per noi preservare le imprese e metterle in condizione e nella prospettiva di poter affrontare vigorosamente e in modo reattivo uno shock come questo e quindi il rilancio è la nostra priorità. E condividiamo anche la filosofia di Milton Friedman: per noi l'obiettivo di un’impresa è produrre guadagno. Un imprenditore che non affronta l’attività d’impresa con criteri di economicità produce un danno a se stesso e alla comunità, disperde valore. Il fatto che qualche volta, anzi spesso, ci sentite ragionare con maggior articolazione di prospettive è perché riteniamo che l'impresa non sia solo un’organizzazione di mezzi di produzione per produrre guadagno ma anche una comunità di donne e di uomini che si inserisce in un contesto sociale e che ha un impatto sull'ambiente. E quindi è bene che investa e che sia incentivata ad investire nella riqualificazione e nella formazione costante del personale, e che quindi abbia anche tante altre premure che non devono distogliere l’imprenditore dall’obiettivo primario, che è quello di produrre guadagno. Ma nel suo stesso interesse queste altre premure gli consentono di affrontare anche un meccanismo e di avere a cura un meccanismo reputazionale che gli consentano di poter avere risultati anche nel medio e lungo periodo nel suo stesso interesse.
Non abbiamo una concezione collettivista della produzione o statalista dell’economia. Non ci appartiene, non è nella filosofia della linea politica economica di questo Governo e non accarezziamo neppure un modello cripto-dirigista in campo economico. Il nostro modello rimane quello classico, di uno Stato regolatore che però non è disattento rispetto ai meccanismi del mercato. Siamo pronti a intervenire e a presidiare gli interessi strategici, di qui il nostro intervento con la Golden Power, siamo disposti anche a intervenire in punta di piedi quando c'è da offrire un sostegno diretto nelle aziende, quando i meccanismi di liquidità esterni non funzionano e c’è la possibilità di offrire equity per un periodo limitato senza voler interferire nelle attività di governo dell’organismo produttivo.
Siamo ovviamente ben orgogliosi di dire che le nostre aziende partecipate sono delle multinazionali (le abbiamo ereditate e non costruite noi) che ci rendono orgogliosi in tutto il mondo, perché quando io incontro i Capi di Stato molto spesso mi fanno i complimenti non solo per singole aziende che operano all’estero e contribuiscono all’export ma vengo anche ringraziato per le attività delle nostre multinazionali in alcuni settori da loro presidiati, pensiamo al campo energetico. State tranquilli che avrete sempre tutto il nostro sostegno in termini di incentivi per cercare di rendervi ancora più competitivi: com’è scritto in uno dei nostri macro-obiettivi, per un tessuto economico più competitivo e resiliente anche nel mondo".