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Alta tensione nel governo. Zingaretti evoca la tempesta perfetta

In autunno potrebbero saldarsi tre crisi: quella politica quella economica e quella dei migranti. E allora non resterà che il voto

Massimiliano Lenzi
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L’Italia potrebbe rischiare in autunno la tempesta perfetta, ovvero la saldatura tra la crisi economica - con migliaia di attività alla frutta e milioni di italiani alle prese con il metter insieme il pranzo con la cena - la crisi migratoria, con la ripartenza estiva degli sbarchi e gli arrivi dalla Libia (e non solo) e la crisi politica, dopo che ieri il leader del Partito democratico Nicola Zingaretti ha detto chiaramente che non ci sono alternative a Giuseppe Conte ed a questo governo, ergo se Conte dovesse cadere, non resterebbe che il voto. 

 

Vilfredo Pareto, economista e teorico della politica dell’elitismo tra fine Ottocento e inizio Novecento, sulle dinamiche del Potere aveva scritto una considerazione definitiva: «La storia ci fa conoscere che le classi governanti hanno sempre procurato di parlare al popolo il linguaggio che stimavano non il più vero, ma il più conveniente allo scopo a cui miravano». Ecco, se il governo Conte dovesse cadere nell’autunno italiano sotto i colpi di tre crisi non governabili (neppure con qualche aiuto dall’Europa) economica, politica e migratoria, le convenienze politiche di chi oggi governa diverrebbero sconvenienti ed aprirebbero una fase di caos per tutti gli italiani. Roba da far impallidire i tempi delle critiche alla casta. Un caos dagli esiti imprevedibili.

 

Per questo le parole di Zingaretti, leader del Pd, partito di maggioranza di governo, che sottolineano come a questo Esecutivo serva un salto di qualità aggiungendo però la postilla che non ci sono alternative a questa coalizione, aprono di fatto un vicolo cieco politico nel caso di un fallimento di questa maggioranza nel rilancio del Paese e nella gestione delle politiche migratorie. Un piano b, in politica, è sempre salutare ed il paradosso è che in questo momento il Pd, che tiene in vita Conte premier, non ce l’ha un piano b. Mentre Conte, lui, invece una alternativa nel cassetto la tiene ed è quella di fare il proprio partito nel caso le cose andassero male. Più che ragionare di Stati Generali quindi, una parola vuota, che non significa nulla se non il memento di come, nella Francia di fine Settecento, finì Luigi XVI (che li aveva convocati, gli Stati Generali, nel 1789), ovvero con la testa mozzata, la politica che ha responsabilità di governo dovrebbe aprire un tavolo di crisi con l’Europa per esigere subito un contenimento dei flussi migratori condiviso (e non solo sulle spalle dell’Italia) e soldi subito, dai primi di luglio, oltre ogni frontiera di burocrazia e lentezza che fa rinviare sempre tutto. Perché se questo non accadrà allora agli italiani toccherà la tempesta perfetta e questa élite politica, oggi al Governo, passerà alla storia come la peggiore, la più impreparata e chiacchierona, che questa nostra Italia abbia mai avuto. Con il rischio del fallimento di un Paese intero.

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