SI METTE MALE
Occhio che in Europa salta tutto: si allarga il fronte contro i soldi all'Italia
Si mette male in Europa per l'Italia. Si allarga, infatti, il fronte dei Paesi cosiddetti "frugali" che vogliono mettere i bastoni tra le ruote al progetto del Recovery Fund che vedrebbe, tra prestiti ed elargizioni a fondo perduto, circa 170 miliardi di euro concessi all'Italia per sostenere la ripresa economica dopo l'emergenza Coronavirus.
Proprio ai rigoristi arriva dalla Bce arriva un messaggio di sostegno alle misure messe in atto dall’Europa per fronteggiare la crisi economica dettata dal coronavirus. La proposta della Commissione Ue di intervenire sul Bilancio pluriennale e lo strumento per la ripresa Next Generation Eu sono «decisivi» per una «risposta europea straordinaria» all’emergenza e devono essere «adottati rapidamente». Parole di Christine Lagarde, la numero uno della Bce, che in audizione al Parlamento europeo fa sapere che per sconfiggere la crisi di dimensioni «senza precedenti» servono «azioni straordinarie», sia nazionali che comunitarie. Per quanto riguarda il pacchetto di misure messe in campo da Francoforte, la presidente sottolinea che «sono temporanee, mirate e proporzionate» e che il ’Qe pandemicò è lo strumento «più adeguato».
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Ma l’Europa non ha ancora raggiunto una prospettiva comune: secondo il Financial Times il fronte dei Paesi scettici rispetto alle modalità di assegnazione dei fondi in risposta alla crisi passa da 4 a 7 Stati membri. «Abbiamo dovuto reagire rapidamente. Non c’era altro da fare», si difende la numero uno dell’Eurotower al Parlamento Ue. «C’è stato un peggioramento e ci siamo resi conto dell’impatto delle chiusure su tutti i settori dell’economia, un settore dopo l’altro», spiega Lagarde, smarcandosi dalla definizione di ’regina dei debitì in relazione all’effetto positivo che le azioni della Bce hanno avuto sull’andamento degli spread di alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia. «Preferirei essere menzionata come quella che ha reagito rapidamente a una crisi economica che avrebbe potuto far sprofondare la zona euro in un vortice negativo», precisa Lagarde.
Guardando alle azioni fatte dallo scoppio del coronavirus, Lagarde può dire che «le misure di politica monetaria adottate dalla Bce a marzo sono state fondamentali per eliminare il rischio di coda legato alla pandemia di Covid-19 e il conseguente rischio che il calo dell’attività economica si trasformi in una crisi finanziaria», infatti «da marzo, tale rischio è diminuito sostanzialmente». La ricetta messa in atto dalla Bce è quella di utilizzare misure «temporanee, mirate e proporzionate». Nel dettaglio, la loro natura temporanea «si riflette, ad esempio, nell’orizzonte netto degli acquisti del Pepp», il quantitative easing pandemico della Bce «che dovrebbe durare almeno fino alla fine di giugno 2021, e in ogni caso fino a quando il Consiglio direttivo non giudicherà che la fase di crisi del coronavirus è terminata», ricorda Lagarde. Le misure della Bce «sono mirate allo shock e alla contingenza specifici a portata di mano, volti a riparare le difficoltà economiche causate dalla pandemia. E sono proporzionate ai gravi rischi che stiamo affrontando per il nostro mandato», evidenzia la numero uno dell’Eurotower. Lo shock economico, questa volta, «non proviene dal sistema finanziario» e rischia di innescare «diffusi default nell’economia reale, in particolare tra le imprese e le famiglie che erano già indebitate».
Dall’Europa sembrano intanto fermarsi i segnali di unità sul Recovery Fund. «Non stiamo cercando di aiutare Paesi con decenni di cattiva gestione economica e mancanza di riforme», dichiara un diplomatico europeo al Financial Times, preoccupato insieme ad alcuni suoi omologhi per il fatto che la Commissione europea stia proponendo di utilizzare una serie di misure economiche «obsolete» per determinare quanti Stati membri riceveranno risorse dal Fondo. Tra i rigoristi non solo il fronte del Nord (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia), ma anche Irlanda, Lituania e Ungheria. Secondo i diplomatici citati dal Financial Times, la metodologia utilizzata dalla Commissione per determinare la collocazione delle risorse non avrebbe alcun legame diretto con la pandemia. Domani l’Ecofin discuterà nuovamente del piano per la ripresa dell’Europa.