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Paragone all'attacco, il bazooka di Conte e della Ue? Sono rimaste solo le promesse

Gianluigi Paragone

Era poco più di due mesi fa; due mesi e due giorni per l’esattezza. Il 6 aprile scorso Giuseppe Conte scriveva questo tweet: «Dal decreto di oggi arrivano 400 miliardi di liquidità per le imprese, con il #CuraItalia ne avevamo liberati 350. Parliamo di 750 miliardi, quasi la metà del nostro Pil. Lo Stato c’è e mette subito la sua potenza di fuoco nel motore dell’economia. Quando si rialza l’Italia corre».

Ieri Repubblica apriva dando notizia di 800 mila lavoratori del settore privato che avrebbero diritto alla cassa integrazione causa Covid ma che non l’hanno ricevuta. Nei giorni precedenti ogni giornale, ogni televisione raccontava un pezzo d’Italia scoperta economicamente, con il timore di ritrovarsi scoperta socialmente, cioé essere invisibili. Ci sono interi settori produttivi in apnea, dalle acciaierie ai ristoratori e albergatori, dall’automotive agli artigiani, dai professionisti (avvocati, commercialisti eccetera...) all’infinito mondo delle partite iva. Ognuno insomma sembra essere fuori dal bazooka del governo, da quello dell’Unione europea o dalla copertura del sistema del credito.

  

Eppure non passa giorno che la macchina della propaganda non inneggi a miracoli monetari pronti a far ripartire le produzioni. Persino gli Stati Generali tornano di moda nonostante portino una nella pazzesca.

Resta che la macchina del Paese reale non si schioda dalla crisi, fatica a respirare (riferimento voluto) ma non può manifestarlo senza sentirsi un pochino in colpa. Cosa sta accadendo allora? Semplice, gli annunci sono pericolosi quando poi non si calcola bene l’atterraggio degli stessi. Ogni operatore economico ha bisogno di sapere con certezza se la disponibilità c’è, quando c’è o se si tratta del premio della riffa. La questione è centrale. Nessuno stimolo di ripartenza avviene solo perché si avvia la speranza, oltre alla speranza ci vogliono i soldi. Perciò Conte si è rivelato come un Paperon de’ Paperoni bagnante tra i fantamiliardi, capo del governo di Promettopoli. I soldi non possono restare in una bolla futura. Fa senso vedere che i Padroni si sentono al riparo, intoccabili nei contratti che si sono scritti loro con l’avallo di governanti in livrea.

In questi giorni sento registri epici anche sull’Europa, che avrebbe raggiunto vette di solidarietà impensabili. Un’assurdità assoluta. Gli strumenti tanto elogiati, oltre ad aprire i rubinetti tra non meno di otto mesi, sono sempre legati ad «acquedotti» finanziari che erogano a prestito. Si dice che nulla sarà come prima ma a me pare che invece gli errori siano sempre gli stessi. Aggiungo un elemento di non secondaria importanza: per la crisi che ci apprestiamo ad affrontare, la tanto declamata Unione Europea avrebbe già dovuto utilizzare un’officina meccanica da... Formula Uno. Durante le crisi finanziarie post 11 settembre, post Lehmann e post tutto quello che sappiamo, ogni commento evidenziava la mancanza di strumenti adeguati, l’impegno a potenziare l’Unione, ripensare la Bce come soggetto prestatore di ultima istanza e tanto altro ancora. Insomma avevano promesso che avrebbero fatto tesoro delle crisi per non essere a mani nude in condizioni simili future. E invece anche adesso che siamo in apnea ci manca l’ossigeno e dobbiamo chiederlo ai mercati. Insomma non è cambiato nulla di nulla.

Fa rabbrividire la progressiva diminuzione di spazio politico in questi anni unionisti, anni dove le crisi hanno allargato le ingiustizie sociali, le asimmetrie economiche e soprattutto la ricchezza sproporzionata dei pochi; il tutto sotto gli occhi di una Ue fanatica, complice e inutile rispetto alle sfide. Sento parlare di trasformazioni di Ilva come acciaieria green: ma con quali soldi, altri in prestito? E la Germania davvero direbbe di sì? Sento poi parlare di aiuti alle pmi: quali? Quelle dei Paesi del Nord e della Francia che, come Ercolino casca sempre in piedi. Insomma un’altra fregatura in nome delle re-industrializzazioni eco? Bene, informo che anche qui i soldi stanno andando tutti ai soliti.

Alla fine di quest’anno e tutto l’anno prossimo assisteremo a un prevedibile declino, alla scomparsa di pezzi produttivi e a una crisi occupazionale drammatica perché arriva sulle brace delle precedenti. La crisi divamperà e l’Europa farà credere che senza di lei sarebbe peggio. Peggio di cosa e per chi ovviamente non sarà oggetto di discussione.