La protesta
Pochi soldi e poteri, scoppia la rivolta dei sindaci
Pochi poteri, ancora meno soldi. Stavolta scoppia la rivolta dei sindaci italiani. Giorni fa l'Anci non aveva risparmiato critiche e richieste a Palazzo Chigi. «Abbiamo presentato al presidente Conte cinque punti fondamentali su cui chiediamo l’impegno del governo: riconoscimento del ruolo dei sindaci nell’attuazione di politiche per la ripresa attraverso l’assegnazione diretta di fondi per cultura, turismo, mobilità e welfare; altri 3 miliardi, oltre i 3 assegnati nel Dl Rilancio, per chiudere i bilanci compensando le minori entrate di questi mesi; flessibilizzazione delle regole relative ai vincoli finanziari, norme straordinarie per la gestione degli squilibri di bilancio per il 2020; sospensione dei piani di rientro per tutti i Comuni per il 2020 e dei procedimenti riguardanti la verifica dei piani di riequilibrio pluriennali; regole semplificate e poteri commissariali per la realizzazione di alcune opere prioritarie e urgenti» aveva spiegato giovedì scorso il presidente dell’Anci e primo cittadino di Bari, Antonio Decaro al termine dell’incontro dei sindaci metropolitani con il premier Conte. «Ci aspettiamo che all’impegno personale del presidente del Consiglio, che apprezziamo, seguano i fatti: al più presto il ministero delle Finanze individui norme e risorse per metterci a disposizione i tre miliardi indispensabili a far fronte ai servizi essenziali per i cittadini» aveva aggiunto Decaro.
Chi ha assistito al vertice ha parlato di un confronto piuttosto duro. Non a caso la videoriunione è stata affollata: c'erano i primi cittadini pentastellati di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino, quelli di Milano, Beppe Sala, Genova, Marco Bucci, Venezia, Luigi Brugnaro, Firenze, Dario Nardella, Napoli, Luigi de Magistris, Bologna, Virginio Merola, Palermo, Leoluca Orlando, e di Cagliari, Reggio Calabria e Catania. Mentre per l’esecutivo erano presenti il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, e i vice ministri dell’Economia, Antonio Misiani e Laura Castelli. Alla fine il presidente del Consiglio ha garantito il suo impegno affinché nessun Comune finisca in dissesto.
Due giorni fa è stata la volta del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris che, in un'intervista a Micromega, non ha usato mezzi termini: «Nella prima fase dell’emergenza abbiamo mostrato una grande responsabilità, accettando un depotenziamento sostanziale e formale dei nostri poteri. Ma in quei mesi è accaduto qualcosa di gravissimo, un corto circuito istituzionale tra governi e regioni. La Costituzione è stata svuotata giorno dopo giorno, dietro lo schermo dell’emergenza sanitaria».
Oggi è stato Decaro a tornare sul tema, senza fare sconti al premier. «Se saltano i Comuni salta l’Italia» ha detto . La questione non è solo economica, ma politica: «Non possiamo e non vogliamo essere relegati a meri esecutori di decisioni prese altrove o, ancor peggio, a vicesceriffi». Per gestire l’emergenza sanitaria «abbiamo ceduto ogni potere allo Stato. Di certo non ci aspettavamo che il governo ci sostituisse con i presidenti di Regione». In questo scenario, oltre ad aver perso entrate economiche fondamentali, i sindaci hanno perso anche parte dei poteri riconosciuti dalla Costituzione. «Questa è, forse, la cosa più grave» continua Decaro. «Il nostro ruolo non è quello di punire e sorvegliare i cittadini. Nella prima fase dell’emergenza sanitaria abbiamo mostrato un grande senso di responsabilità, quasi "rivoluzionaria". Abbiamo ceduto ogni potere allo Stato, perfino quello di garantire la salute pubblica. Immaginate cosa sarebbe successo se ogni sindaco si fosse messo a emanare ordinanze ad hoc per il proprio Comune: sarebbe stato il caos e, soprattutto, avremmo dato un messaggio sbagliato ai cittadini. Abbiamo quindi ritenuto che questa pandemia andasse affrontata da un unico centro decisionale. Di certo non ci aspettavamo che il governo ci sostituisse con i presidenti di Regione». Il leader dell'Anci e sindaco di Bari sottolinea il diverso atteggiamento dei governatori: «Perché non hanno fatto lo stesso anche loro? Perché non hanno ceduto il loro potere di ordinanza allo Stato e, invece, in molti casi ne hanno addirittura abusato? I Comuni sono l’autonomia per eccellenza, non i meri esecutori di decisioni prese a Roma».
Conte e il governo sono avvisati, anche se non sarà facile trovare altri tre miliardi per sostenere i Comuni.