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Sergio Mattarella, il discorso per il 2 giugno: è l'ora della ripartenza. Divisioni inaccettabili
Un monito durissimo che ha la potenza dello schiaffo in faccia ai partiti che hanno "brandito" l'epidemia da Coronavirus gli uni contro gli altri. Sergio Mattarella entra solo nei giardini del Quirinale, dove è consuetudine ospitare il tradizionale rinfresco per il corpo diplomatico e le alte cariche istituzionali per la festa della Repubblica. Indossa la mascherina e si schiera orgogliosamente davanti all'orchestra del Teatro dell'Opera di Roma - diretta da Daniele Gatti e disposta sulla terrazza della Coffee House - che intona magistralmente l'Inno di Mameli. Il capo dello Stato abbassa il dispositivo di protezione e parla ai cittadini di questo 2 Giugno segnato da "incertezza e motivi di speranza. Stretti tra il dolore per la tragedia che improvvisamente ci è toccato vivere e la volontà di un nuovo inizio. Di una stagione nuova, nella quale sia possibile uscire al più presto da questa sorta di incubo globale".
Parte da questo anniversario il presidente, che ha visto la nascita della Repubblica, dopo un periodo di divisioni che hanno lacerato l'Italia, un modello a cui attingere, mai come adesso da imitare. "Allora si reagiva ai lutti, alle sofferenze e alle distruzioni della guerra - insiste - Oggi dobbiamo contrastare un nemico invisibile, per molti aspetti sconosciuto, imprevedibile, che ha sconvolto le nostre esistenze e abitudini consolidate". Per questo Mattarella crede che "possiamo assumere questa giornata come emblematica per l’inizio della nostra ripartenza".
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Il cordoglio dell'inquilino del Colle va alle vittime da Covid -19, mentre il suo grazie e la sua riconoscenza sono indirizzati verso gli operatori sanitari e dei servizi essenziali, gli insegnanti e gli imprenditori che hanno convertito le produzioni per fornire beni di prima necessità. Quell'Italia che con solidarietà e generosità ha mostrato "il vero volto della Repubblica". "Ora sarebbe inaccettabile e imperdonabile disperdere questo patrimonio - avverte - fatto del sacrificio, del dolore, della speranza e del bisogno di fiducia che c’è nella nostra gente". Un discorso che vede in primo piano l'Italia costretta sotto il peso della pandemia e le risposte coraggiose che il popolo ha saputo dare.
E' dopo questo passaggio che il presidente chiede alle istituzioni cosa oggi voglia essere la Repubblica. Un interrogativo che interpella lo stesso capo dello Stato "circa il dovere di essere all’altezza di quel dolore, di quella speranza, di quel bisogno di fiducia". Mattarella non condanna "la normale dialettica politica. La democrazia vive e si alimenta di confronto fra posizioni diverse" ricorda. A questo però c'è un limite naturale oltre a venire addirittura prima della politica stessa: l'unità morale. "La condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo - spiega - Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione".
Parole che vanno oltre la comune visione della politica a quel sogno - scevro da egoismi di partito e tornaconti politici - che i padri fondatori concretizzarono nella Costituzione. E con il suo solito garbo, sempre in punta di piedi, Mattarella non si fa mancare la bacchettata. Quel "mi permetto di invitare" e poi "ancora una volta" - che pesano come un macigno - "a trovare le tante ragioni di uno sforzo comune, che non attenua le differenze di posizione politica né la diversità dei ruoli istituzionali. Siamo tutti chiamati a un impegno comune contro un gravissimo pericolo che ha investito la nostra Italia sul piano della salute, economico e sociale". Le sofferenze che gli italiani hanno affrontato e affronteranno esigono "rispetto, serietà, rigore, senso della misura e attaccamento alle istituzioni. E lo richiede a tutti, tanto più a chi ha maggiori responsabilità" tuona.
Domani nella giornata della festa della Repubblica, il capo dello Stato sarà a Codogno "per rendere omaggio a tutte le vittime e per attestare il coraggio di tutte le italiane e tutti gli italiani, che hanno affrontato in prima linea, spesso in condizioni estreme, con coraggio e abnegazione, la lotta contro il coronavirus" spiega. La città simbolo dell'inizio di questa drammatica pandemia, che ha "mostrato il suo volto migliore". Volto che ha reso Mattarella "fiero" del suo Paese.