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L'Ue pugnala subito Conte. I soldi si usano come dicono loro o niente

Recovery Fund, altro che miliardi a fondo perduto. Da Bruxelles un secco no all'idea solo accennata di usare le risorse per tagliare le tasse

Filippo Caleri
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Troppo entusiasmo nel celebrare il passo storico della creazione del Recovery fund, il superfondo da 750 miliardi di euro a disposizione dei paesi colpiti dalla crisi economica generata dalla pandemia. Dalla cornucopia europea dovrebbero arrivare all’Italia 82 miliardi, un assegno ricco a fondo perduto. Cioè da non restituire e solo da spendere come pare e piace al Paese, per sanare gli innumerevoli ritardi accumulati in questi ultimi anni.

Insomma una festa, talmente inebriante da far dire ad alcuni commentatori: adesso facciamo attenzione a spenderli tutti. Alt, fine del sogno. Come poteva essere che a Bruxelles dopo anni di minacce di Troika, manovre lacrime e sangue, patrimoniali e rigore avessero cambiato idea così velocemente? E infatti non hanno cambiato idea. A precisare che la cuccagna non è arrivata e che, di usare le risorse europee ad esempio per tagliare le tasse non se ne parla proprio, è stato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis che ha precisato che sarà un piano cui i singoli Paesi potranno accedere su base volontaria, senza interferenze o condizionalità, ma sarà legato al raggiungimento di una serie di obiettivi di riforma e di investimento. Insomma a sole 24 ore dall’accordo (solo politico) sul Recovery Fund, il maxi piano europeo da oltre 750 miliardi, la Ue per bocca del commissario all’Economia Paolo Gentiloni e di Dombrovskis, pianta una serie di paletti e spiegato meglio il funzionamento del nuovo strumento. Per Gentiloni: «Il Recovery Fund è un piano volontario che non prevede condizionalità da parte di Bruxelles e toccherà a ogni Paese assumersi la responsabilità della propria crescita». Responsabilità condizionata che tocca a Dombrovskis precisare: «Le risorse del Recovery fund saranno distribuite sulla base degli obiettivi raggiunti. Fisseremo tappe e pietre miliari in termini di riforme e il denaro verrà distribuito sulla base del raggiungimento degli obiettivi». Insomma la solita storia della piccola troika. 

Novità in arrivo anche sulla tempistica. A dettarle è stato Gentiloni che ha spiegato che i singoli Paesi saranno tenuti a presentare i piani nazionali di riforme e investimenti al massimo entro ottobre insieme alla bozza del programma di stabilità, in modo da realizzare un progetto complessivo di finanza pubblica. Oltre a ciò l’obiettivo Ue è di rendere disponibili e impegnare il 60% delle risorse messe a disposizione dalla Ue entro il 2022 mentre il saldo conclusivo dovrà essere completato entro il 2024. Considerati i tempi della burocrazia europea e le inevitabili negoziazioni che seguiranno per le modalità operative del fondo è chiaro che entro l’anno l’Italia non vedrà le cifre poderose delle quali si è parlato.
Gentiloni ha però precisato che non sono previsti interventi stile Toika con la Grecia e non sono chiesti aggiustamenti di bilancio, o parametri da rispettare, ma si devono comunque canalizzare le risorse ottenute per sostenere e rilanciare le singole economie abbattute dal coronavirus. E ha sottolineato: «Siamo di fronte a una svolta storica. Finora siamo stati abituati a una politica economica fatta solo di tetti e controlli, ora si avranno delle risorse e vedremo quanto gli Stati membri ci metteranno ad approvarlo. Anche perché l’accordo non sarà facile, ma ci si arriverà». E per quanto riguarda l’Italia dice: «170 miliardi sono tanta roba, l’importante è sapere come spendere queste risorse. Per l’Italia è una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità». Il punto è proprio quello. Ancora di cifre e tempi non si sa nulla.

 

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