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Visco e il futuro del Paese appeso a un grande "Boh"

Franco Bechis
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Se parlando con un virologo o con qualsiasi esperto di epidemie su cosa accadrà ora del coronavirus e di noi possibili bersagli, allargherà le braccia: «Boh...». Ieri a Roma in una spettrale via Nazionale si è svolta l'annuale assemblea della Banca d'Italia, e il governatore Ignazio Visco ha raccontato cosa sta accadendo all'economia italiana davanti a un piccolo e scelto pubblico vip quasi irriconoscibile perché protetto da enormi mascherine. Quando però gli è toccato vaticinare qualcosa sui prossimi mesi anche lui come i virologi ha allargato le braccia e pronunciato il suo «Boh». Naturalmente l'ha detto meglio: «Se intuiamo, in modo impreciso, e contrastiamo, con forza, la gravità delle conseguenze sociali ed economiche nel breve periodo, per quelle a più lungo termine possiamo solo riconoscere di “sapere di non sapere”. È molto difficile prefigurare quali saranno  nuovi “equilibri” o la nuova “normalità” che si andranno determinando, posto che sia possibile parlare di equilibri e normalità». Ma la sostanza è appunto un grandissimo punto interrogativo. La stessa cosa fanno intendere gli economisti di via Nazionale nella densa e interessantissima relazione che come ogni anno accompagna le considerazioni finali del governatore: «I tempi e l’intensità della ripresa», scrivono, «dipenderanno da diversi fattori, la cui evoluzione è difficilmente prefigurabile: la durata e l’estensione del contagio; l’evoluzione dell’economia globale; gli effetti sull’incertezza e sulla fiducia, che si riflettono sulle decisioni di spesa dei cittadini e di investimento delle imprese; eventuali ripercussioni finanziarie. (…) In queste condizioni formulare previsioni macroeconomiche diventa estremamente arduo (…) Il ventaglio delle valutazioni formulate dagli osservatori per la crescita in Italia nel 2020 e nel 2021 è eccezionalmente ampio: tra -6 e -18 punti percentuali per la caduta del Pil di quest’anno e tra 1 e 15 punti per la ripresa nel prossimo. Un’incertezza altrettanto elevata si applica agli altri paesi dell’area dell’euro». 

Sapete che siamo stati critici in questi mesi su alcuni atteggiamenti soprattutto sindacali interni alla banca centrale italiana e anche in alcune vicende su decisioni adottate in via Nazionale, ma non c'è dubbio- e lo si è visto ieri dal lavoro prodotto in quei documenti- che lì lavorino alcuni dei migliori economisti che abbia il nostro paese. E se perfino loro non sono in grado di formulare una previsione attendibile su che vita faremo nei prossimi mesi, significa che siamo davvero tutti appesi a quell'inquietante «boh», e diventa assai difficile aggrapparci alla speranza come lo stesso Visco invita a fare concludendo le sue considerazioni finali. 

Difficile dunque avere dal governo certezze che né medici né economisti se la sentono di dare, ma proprio questo buio sul futuro rende ancora più urgente e decisivo quello che si può fare oggi. Come Banca di Italia ieri ha analizzato, alcune misure del governo sono state utili a fermare almeno per un po' l'emorragia, altre lo sarebbero pure non fossero solo annunciate o scritte, ma divenute reali. Una delle più necessarie ma inefficaci è stata la liquidità che si pensava di fornire alle imprese con il sistema di garanzie variabili dello Stato. Doveva sbloccare 400 miliardi di euro di nuovi prestiti, ma in 50 giorni siamo arrivati solo a pratiche avviate per 20 miliardi, appena il 5% di quel che si pensava. Il motivo di tanto rallentamento e della sostanziale inefficacia è stato spiegato ieri con chiarezza dallo stesso Visco: «In assenza di esplicite previsioni normative», ha detto il governatore, «le banche che omettono la valutazione del merito di credito si espongono al rischio di commettere reati. Gli intermediari sono anche tenuti a effettuare, come è giusto, i controlli previsti dalla legislazione antimafia e da quella antiriciclaggio, che presidiano rischi notevolmente aumentati nei mesi dell’emergenza». Quindi i funzionari di banca non danno a qualsiasi cliente quel prestito, perché non basta avere lo Stato che garantisca al 100% la restituzione, ma bisogna sollevarli anche dalle responsabilità penali in cui incorrerebbero se sbloccassero i fondi senza fare istruttoria e poi si dovesse scoprire che in realtà quella impresa che chiede i soldi non è in regola con le norme antimafia e quelle antiriciclaggio. Non basta l'autocertificazione a sollevare il funzionario di banca da quei rischi penali. Quindi bisogna sollevarli per legge e se le dichiarazioni dell'imprenditore sono false, deve essere perseguito solo chi prende i soldi, non chi li eroga in emergenza. È una questione semplice, ripetuta in ogni modo dal primo giorno. Ma dopo 50 giorni il governo non ha ancora corretto quel testo: che aspetta a farlo?

Per arrivare in fretta per altro i soldi bisogna che ci siano. Siccome il governo li sta spendendo in deficit, non li ha e deve indebitarsi per averli. Per lungo tempo non l'ha fatto poi si è deciso a lanciare il Btp Italia che è stato un grande successo, ma non basta. Si pensava di potere ricevere fondi dall'Europa con il Recovery Fund. Ma è chiaro che questo non avverrà nel 2020, mentre i soldi servono prima del «boh», ora e non fra un anno. Se si è convinti che arriveranno senza condizioni e a fondo perduto nel 2021, allora bisogna lanciare ora altri Btp perché non c'è tempo per attendere e pochi soldi stanno arrivando nel momento decisivo. 

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