Quelli che non vogliono ripartire
Attentato criticare Bankitalia Urla e strepiti dei sindacati
Protesta con Il Tempo il più longevo sindacalista della storia, Luigi Leone (Falbi). E a ruota segue pure Antonella De Sanctis della First-Cisl. Con lettere piccate e la tradizionale lamentela sul presunto attacco alla autonomia della banca centrale, ecco il botta e risposta con loro - Botta 1/ Scribacchino con piuma e calamaio L’immagine è suggestiva ma ingannevole: “da quando è scoppiata l’emergenza Covid dalla sede principale della Banca d’Italia sono scomparsi quasi tutti”. È il solito Franco Bechis a dipingere i lavoratori della Banca Centrale italiana come una élite di fifoni privilegiati che si rifiuta di tornare in ufficio. Libertà di stampa non coincide con libertà di sparare fesserie. Per dimostrare che Bechis fa male il suo lavoro innanzitutto mettiamo in fila i fatti, mentre delle opinioni ci occuperemo dopo. La Banca d’Italia nell’ultimo decennio ha sviluppato un’infrastruttura informatica che consente a migliaia di lavoratori di operare in telelavoro, una scelta strategica che ha generato, da anni, un incremento di produttività, maggiore conciliazione tra vita e lavoro, meno inquinamento. L’emergenza Covid è stata uno stress test brillantemente superato dalla Banca Centrale, diversamente dalla gran parte degli altri settori del Paese: è questa la circostanza più macroscopica che un buon cronista dovrebbe annotare. Per facilitare il lavoro a Bechis, è sufficiente un solo dato: le richieste alla Centrale dei Rischi lavorate ad aprile dell’anno in corso, quindi tutte in smart working, sono state 23.300 rispetto alle 21.000 dell’aprile 2019, mentre al momento in cui scriviamo l’incremento di richieste è superiore del 44% rispetto ai primi 15 giorni di maggio! E queste performance, gentile Franco Bechis, sono state realizzate da quei fifoni d’Italia che lei da anni tenta inutilmente di indicare al pubblico ludibrio. Altrettanto successo ha riscosso il “numero verde” per l’assistenza al cittadino nei confronti delle banche. I cento euro al mese riconosciuti ai lavoratori in smart working e indicati come esempio di mala gestio, rappresentano un altro scivolone del disattento articolista: essi compensano meno del 30% del lavoro straordinario prestato, ma non retribuito, e dei buoni mensa non percepiti in regime di lavoro agile, del costo a carico del dipendente per connessione internet e acquisto di strumenti tecnici per svolgere il lavoro. Di tutto ciò ne beneficia esclusivamente la contabilità dell’Istituto a discapito dei cosiddetti fifoni d’Italia. Un maggiore approfondimento sarebbe stato opportuno prima di mettere mano alla piuma e al calamaio, gentile Franco Bechis. I comportamenti della Banca d’Italia al tempo del coronavirus sono sotto gli occhi di tutti. Ovviamente di tutti coloro che hanno occhi per vederli, e non pregiudizi più o meno suggeriti: anziché indignarsi per i 100 euro al mese, questo triste signore poteva annotare che, a fronte dell’emergenza covid 19, la Banca d’Italia ha erogato oltre 65 milioni di donazioni in favore del sistema sanitario nazionale e una parte di quelle donazioni è stata possibile grazie al contributo delle Colleghe e dei Colleghi, che hanno devoluto il corrispettivo economico di ferie non godute. I lavoratori dell’Istituto sono il capitale umano con cui da anni si costruisce la più avanzata infrastruttura digitale del Paese: nel 2018 il 24% di essi hanno praticato lo smart working e grazie a questa lungimiranza organizzativa, durante l’emergenza covid sono stati erogati servizi al pubblico senza i quali quei cittadini e quelle imprese che oggi stanno lottando contro una terribile crisi non potrebbero fronteggiare la mancanza di liquidità. A tal proposito vogliamo ricordare allo “scribacchino” che tutti i dipendenti che prestano servizio a Banconote e nelle Filiali Specializzate nel Trattamento del Contante non hanno mai fatto mancare la loro presenza in servizio. Un minimo di senso di responsabilità avrebbe dovuto consigliare più attenzione a chi pensa di poter dileggiare 6.000 lavoratori. Purtroppo esiste un filone giornalistico che ha fatto dell’insulto e la propria cifra caratterizzante, salvo poi schiantarsi contro i dati oggettivi che la realtà sbatte loro in faccia. Riteniamo di aver fornito dati più che sufficienti per pretendere delle scuse e, se non dovessero arrivare, significherebbe che “Il Tempo” ha deciso di fiancheggiare quella parte della politica sempre più infastidita dalla presenza di una Banca Centrale Indipendente. Il Segretario Generale F.A.L.B.I. (Federazione Autonoma Lavoratori Banca d’Italia) Luigi Leone *** Botta 2- Non siamo fifoni, e non ci marchi così stretti Caro Direttore Bechis, le scrivo in qualità di responsabile della Cisl in Banca d’Italia e referente delle Authorities per chiederle innanzitutto una cosa: da dove le nasce tanta acredine nei confronti dei lavoratori della nostra Banca Centrale? Lo spazio e l’attenzione che il suo giornale “meritoriamente” ci dedica da molto tempo appaiono purtroppo malamente sprecati nel momento in cui si omette di rilevare come, in un momento di grandissima difficoltà operativa per quasi tutte le Aziende del nostro Paese, le lavoratrici e i lavoratori della Banca d’Italia, di ogni ordine e grado, stiano garantendo elevati livelli di produttività e di efficienza grazie al massiccio ricorso al cosiddetto lavoro agile. Un risultato questo che non è figlio del caso ma di una notevole capacità organizzativa e di lungimiranti scelte strategiche. Possiamo affermare con orgoglio e numeri alla mano, fuori dalle facili ironie che la inducono a definirci “fifoni che se la fanno sotto”, che la nostra attitudine a fronteggiare efficacemente un momento così difficile grazie ad una avanzata cultura informatica è, questa sì, di esempio per tutto il Paese. E andrebbe adeguatamente apprezzata essendo questa la direzione di marcia verso il futuro. Analogamente andrebbe apprezzato il valore sociale di un comportamento così virtuoso. Lavorare da casa in un momento tanto critico significa, infatti, contribuire a non alimentare il contagio, a non stressare una rete di trasporto pubblico palesemente inadeguata e, in definitiva, ad ottemperare alle raccomandazioni governative che invitano a privilegiare quanto più possibile il ricorso allo smartworking. Ovviamente non abbiamo mai pensato che un Istituto come la Banca d’Italia possa affidarsi, in via esclusiva e permanente, al lavoro a distanza. Sostenere che i sindacati della Banca d’Italia vogliano questo appare una palese forzatura. Utile solo a spingere il suo ragionamento verso conclusioni contorte e paradossali che non rendono merito al valore etico e professionale dei miei colleghi e neppure, spiace dirlo, alla credibilità del suo giornale. Distinti saluti. Antonella De Sanctis *** Risposta- Gran guadagno se restate a casa Rispondo ad entrambi qui sul sito de Il Tempo dove avevamo già pubblicato anche gli articoli dell'edizione cartacea a cui si riferiscono queste due lettere. Avendo un numero di sigle sindacali impressionanti e non esattamente il dono della sintesi, dovrei dedicare 30 pagine de Il Tempo pubblicando le repliche a un articolo di mezza pagina. Avendo per altro già risposto ufficialmente la Banca di Italia a nome di tutti voi (che l'avete pressata per farlo), non avreste diritto di replica perché già assolto in quella occasione. Ma siccome sono uno scribacchino, ma paladino della libertà di pensiero, ecco qui le lettere di due sindacalisti. Il primo- Luigi Leone- non è in sé un dipendente della Banca di Italia, ma un sindacalista dalla interminabile carriera: lo ha fatto per 40 anni e ha continuato a farlo anche dalla pensione. E' il solo incarico a vita restato in Bankitalia, visto che il mandato del Governatore è diventato a termine. Essendo Leone un romantico dei bei tempi che furono, cita penna e calamaio che noi giornalisti abbiamo abbandonato da un secolo e più. Forse non è accaduto ai suoi assistiti, che anche per questo si lamentavano per il lavoro agile (siamo in Italia, basta citare lo smart working) da casa. Mi cita i 100 euro a compensazione di buoni pasto e straordinari non pagati, ma sottolineo che non è stata questa la risposta ufficiale di Banca di Italia: non ne era a conoscenza? Anzi per le vie brevi mi è stato risposto che quelli erano indennizzo per abbonamenti Internet e wifi casalingo cui erano costretti i dipendenti in lavoro agile. Mi ero stupito, perché immaginavo esistessero prima del Covid 19 nelle abitazioni private dell'élite del paese, ma ora con le piume e il calamaio di Leone comprendo meglio. Consiglierei però di smetterla subito con il piagnisteo anche questo assai sepolto dalla polvere e dalla muffa sugli attacchi politici alla autonomia della Banca di Italia. I tempi cambiano, bisogna prenderne atto: nessuno attacca più quelle mura perché le grandi decisioni non passano più da lì. Al massimo c'è interesse per i lingotti d'oro conservati nei forzieri, che hanno una loro attrattiva anche se in via Nazionale non esistesse più vita umana. Quando ancora esisteva quella autonomia e gli attacchi erano reali, sono stato anni fa fra i primi a difenderla. Ma nemmeno allora avrei speso una parola a difesa delle vostre pretese sindacali che appartengono sì ad altri secoli piuttosto bui. Nè a difendere un sistema di prebende e promozioni automatiche che prescindono da ogni più vago profumo di merito, cosa ancora più triste perché questo avviene in un luogo abituato a dare lezioni anche morali al resto di Italia. So bene anche io che dentro la Banca di Italia ci sono professionalità di gran valore, e persone che si impegnano a fondo e che sarebbero preziose in qualsiasi altra azienda o ambito lavorativo. Le critiche non hanno mai riguardato loro, ma voi sindacalisti. E nascevano- come potete vedere in questa piccola gallery- dalle cose che voi stessi scrivete arringando gli iscritti contro la banca. E a questi vostri scritti un pizzico strampalati- lo dico alla gentile signora De Sanctis- che dedichiamo le cronache di cui vi lamentate. Ma il diritto di cronaca esiste, e dovete farvene una ragione. Quanto al succo delle vostre obiezioni, non posso che rispondere come ho fatto alla lettera ufficiale di Banca di Italia: lavorate meglio da casa? Me ne compiaccio. Rivedete l'organizzazione del lavoro, tutti a casa per sempre e il bilancio della banca centrale ne sarà sollevato, potendo vendere sul mercato Palazzo Koch e tutte le sedi delle filiali... Franco Bechis Direttore Responsabile de Il Tempo