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L'urlo delle mascherine tricolori. Beffati e ignorati da aiuti fantasma

Commercianti e partite Iva hanno manifestato in 70 città. E Conte fa altre promesse

Franco Bechis
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Hanno fatto una scelta furba questa volta i nostri commercianti: in 70 città ieri molti di loro hanno fatto sentire la voce in piazza bardandosi di mascherine tricolori e mantenendo rigorosamente le distanze. Siccome le forze dell'ordine erano all'inizio del week end impegnate a fare controlli sulle libere passeggiate degli italiani nei parchi o sui litorali, le Mascherine Tricolori l'hanno sfangata: pare che nessuno di loro sia stato multato come era accaduto nelle manifestazioni durante la settimana. Fosse stata una indicazione governativa o di qualche autorità locale, sarei pronto a lodarne finalmente la saggezza. Temo però che sia stato un semplice, perché altrettanta lungimiranza non ho visto nei controlli degli italiani che semplicemente passeggiavano. Leggi anche: Decreto Liquidità, di poderoso c'è solo il bluff di Conte È importante potere recuperare dopo tanta costrizione anche la libertà di protestare, ma assai di più risolvere almeno qualcuno dei tanti problemi che lamentano i nuovi poveri di Italia: baristi, ristoratori, bottegai, partite Iva, piccoli imprenditori, professionisti del turismo e naturalmente le centinaia di migliaia di loro dipendenti. Ogni giorno che passa la loro situazione peggiora, perché non incassano più un euro da molte settimane, ma anche perché il governo non offre ancora una prospettiva realistica di uscita da questo buco nero in modo da consentire se non a tutti a molti di loro di prepararsi e attrezzarsi per un futuro che comunque non sarà roseo. Sono evidentemente i paria per questa maggioranza al governo che semplicemente non se ne cura. Non è arrivato il contributo di 600 euro per il mese di marzo al 25% di quelli a cui è stato riconosciuto quel diritto, e veleggiamo ormai verso metà maggio. A centinaia di migliaia di italiani quella domanda è stata pure respinta e non si comprende con quali motivazioni. La cassa integrazione in deroga è stata erogata a meno di 50 mila italiani, quella ordinaria solo ai dipendenti di medie e grandi aziende che avevano prima del lockdown i conti in salute, visto che fin qui è stata pagata non dallo Stato, ma dagli imprenditori che l'hanno anticipata sperando di essere risarciti in tempi non biblici. Di fronte a questo quadro che non potremmo definire in altro modo se non di completo fallimento dello Stato, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ieri ha pensato di essere eroico nell'annunciare: «Semplificheremo la cassa integrazione già nel decreto rilancio». Fa venire i brividi quel «già»: se non arrivano almeno quei soldi, i dipendenti come mettono qualcosa sulle tavole delle loro famiglie ogni giorno? Il premier ha fatto un dpcm ogni tre minuti per costringere dal mattino dopo gli italiani a fare qualcosa e non può varare un decreto immediato con cui la cig viene accreditata sul conto corrente di tutti i lavoratori delle aziende che si registrano all'Inps in poche ore? Perché quel «decreto rilancio» cui si riferisce Conte è l'ennesimo maquillage propagandistico di quello che conoscevamo con il nome di «decreto aprile» e poi essendo terminato quel mese senza nulla è diventato «decreto maggio» e doveva essere approvato all'inizio della settimana - massimo alla metà - che è appena conclusa, quindi è soprattutto un «decreto-slitta»: viene fatto slittare di settimana in settimana. Ma la sola parola «rilancio» è offensiva: serve mettere bende sulle ferite e fare immediate trasfusioni di sangue per fare restare in vita una parte consistente della economia italiana che sta morendo e a cui fin qui è stato impedito perfino di urlare la propria rabbia prima di spegnersi. Le misure fin qui varate si sono rivelate fraudolente e stanno portando alla bancarotta le pmi, come si è visto anche da quella pagliacciata del decreto liquidità che avrebbe dovuto dare linfa vitale da 400 miliardi di euro e nel mese più importante non è riuscito a fornirne più di 6 miliardi.  Inutile formalizzarsi: non chiederanno mai scusa dei pasticci combinati, e visto le conseguenze economiche che stanno provocando con i loro errori, bisognerà al più presto anche ricostruire le responsabilità del governo nella stessa epidemia sanitaria, che sono state assai grandi. Ma ora basta chiacchiere, fate dpcm per correggere gli inutili testi dei decreti economici che non stanno funzionando. Al rilancio ci penseremo quando si finirà di perdere sangue inutilmente.

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