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Fase 2, ritorna in pista il piano B: Draghi o Colao per il dopo Conte

Dopo le accuse e i litigi nella maggioranza che sostiene il presidente del Consiglio Giuseppe Conte

Pierpaolo La Rosa
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La protesta contro Governo e Fase 2 si infuoca e in ballo torna il piano B per il dopo Conte. A certificarlo, nell'Aula di palazzo Madama, è stato il leader di Italia viva dopo l'informativa nell'emiciclo del capo dell'esecutivo sulla fase 2 dell'emergenza coronavirus. “Siamo ad un bivio”, le parole pronunciate da Matteo Renzi, rivolte al presidente del Consiglio, “Se dobbiamo essere su un crinale populista noi non saremo al suo fianco, se lei invece sceglierà la strada della politica la aspetteremo là. Se lei ci vorrà al suo fianco, noi ci saremo". Per approfondire leggi anche: Renzi fa ballare Conte Un ultimo appello, come lo hanno chiamato ambienti di Iv. Un aut aut, o quasi, a cui il premier ha subito replicato: “Quale ultimatum? Renzi ha chiesto di fare politica? E' quello che stiamo facendo, quindi non c'è nessun ultimatum”, ha affermato l'inquilino di palazzo Chigi che prima di lasciare il Senato si è detto convinto che una maggioranza ancora esista. Sarà, ma sembra proprio di tornare a metà febbraio, prima dello scoppio dell'epidemia di Covid-19, quando Conte era sulla graticola, attaccato da più fronti, ed in tanti parlavano esplicitamente della necessità di un governo di unità nazionale, guidato magari dall'ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Oggi più di qualcuno, per un'ipotesi del genere, evoca pure il nome di Vittorio Colao, il manager a capo della task force per la ricostruzione. Sullo sfondo c'è, naturalmente, il capo dello Stato Sergio Mattarella, contrario - si dice - a crisi al buio, ma che potrebbe valutare, ed il condizionale qui è d'obbligo, l'eventuale formarsi di una maggioranza alternativa se quella giallorossa dovrebbe inevitabilmente disgregarsi. Del resto, il malumore che serpeggia verso l'attuale presidente del Consiglio non è poco, ed attraversa in maniera trasversale settori del Partito democratico, mentre sarebbero rientrate nel Movimento cinque stelle le fibrillazioni dei giorni scorsi. In generale, le accuse rivolte al premier sono le solite: una gestione solitaria della crisi, l'abuso di dpcm, il modo di comunicare le misure adottate per la limitazione del contagio - in conferenze stampa serali, guarda caso a ridosso dei telegiornali come rilevato dal presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni -, un accentramento di poteri mai visto nella storia repubblicana, come lamentato d'altra parte dallo stesso Renzi. Insomma, il livello di allerta rimane elevato, con una situazione in Senato dove i numeri continuano ad essere risicati. Saranno decisive le settimane da qui a fine mese o, al più tardi, all'inizio di giugno: l'economia sarà, infatti, il vero banco di prova per Conte. Oltre al negoziato con l'Unione europea.

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