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La beffa per commercianti e partite Iva. Niente bonus da 800 euro con redditi oltre 30mila euro

Roberto Gualtieri ministro Economia

Il governo ha rinviato a maggio il decreto aprile che dovrebbe prevedere 55 miliardi di aiuti

Franco Bechis
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Dovrà essere ribattezzato il decreto aprile, perché il consiglio dei ministri ha rinviato alla prossima settimana il provvedimento che dovrebbe mettere altri 55 miliardi di aiuti per cercare di non fare saltare in aria un tessuto economico già fortemente provato in questi due mesi. "Cambia poco", ha sostenuto entrando ieri sera a palazzo Chigi il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, "lo approveremo al rientro". Rientro da che è difficile da comprendere, visto che nessuno può ancora muoversi. Ma più che il ritardo a preoccupare è la filosofia che sembra accompagnare il nuovo decreto. Al ministero dell'Economia infatti pare si siano accorti di avere distribuito sia pure con tutta calma quel piccolo aiuto che era il bonus di 600 euro alle partite Iva anche «a persone che avevano un reddito alto». E vogliono subito porvi riparo: il nuovo aiuto a quella platea sarà di 800 euro mensili per due mesi, ma riservato solo a chi aveva nell'ultima dichiarazione un reddito non superiore a 30 mila euro lordi. C'è paura nella maggioranza di governo di dare un sussidio ai «ricchi» (sempre che possa essere definito tale chi guadagnava più di 1500 euro al mese). Naturalmente per stabilire quel parametro bisognerà basarsi sulle dichiarazioni dei redditi dell'anno precedente, quindi relative al 2018 perché più aggiornate non ci sono. Un'era fa, un mondo totalmente diverso da quello attuale che non ha più senso nemmeno compulsare: non esiste più. Per approfondire leggi anche: La Lega occupa a oltranza il Parlamento Dovrebbe essere evidente all'esecutivo che nessun italiano nel 2020 avrà gli stessi redditi del 2018 o del 2019, con la sola eccezione di due categorie: i dipendenti pubblici e i percettori del reddito di cittadinanza e di altri sussidi perché a loro con il coronavirus non è cambiato davvero nulla rispetto a prima. Semmai lavorare da casa con lo stesso stipendio di prima è meno faticoso e la vita così un po' meno costosa di prima. Che questa considerazione banale però non si affacci nella testa di chi ci governa è molto preoccupante: sembra che rinchiusi nei palazzi e assediati dalle paure che mettono loro addosso i famosi esperti leader politici, presidente del Consiglio e ministri abbiano ormai perso ogni contatto con la realtà. Probabilmente chi aveva un ristorante, un bar, una pizzeria, un negozio di abbigliamento, una barberia e molte altre attività ora scomparse dalle nostre città sia nel 2018 che nel 2019 avevano un reddito superiore ai 30 mila euro. Chi non lo dichiarava magari evadeva pure un po' non facendo scontrini e ricevute fiscali. Ma è certo che nel 2020 quei redditi non potranno più avere. Anzi, da marzo sono a reddito zero per la chiusura dei loro esercizi stabilita non dal virus, ma da un dpcm a firma di Giuseppe Conte. Secondo le prime indiscrezioni forse a giugno potranno riaprire a un quarto o a un decimo del servizio che fornivano, perché con le norme sul distanziamento non sono in grado di tenere in piedi le loro attività e ovviamente di pagare il personale che avevano in servizio fino a febbraio compreso. Ora per una questione di equità con altri lavoratori e altre imprese che sono stati graziati dalle chiusure stabilite dal governo, bisognerebbe risarcirli di tutto quello che hanno perduto non per colpa loro. Il governo non ha i soldi per farlo, e lo sappiamo tutti. Dovrebbe scusarsi di avere provocato un danno di queste proporzioni senza poterlo riparare, e invece mette sul piatto quella piccola somma simbolica che non compensa nulla (i 600 e gli 800 euro al mese). Ora vorrebbe non darla a tutti, e magari c'è chi è tentato pure di farsi ridare indietro quei 600 euro già erogati. Sembrerebbe di essere in mezzo a marziani, non fosse che dietro a questa scelta c'è una ideologia dura a morire. Consolidata nella sinistra italiana più estrema che oggi ha in mano il Pd e radicata purtroppo in una parte pure del Movimento 5 stelle: quella dell'odio di classe verso lavoratori autonomi, partite Iva e in fondo anche il mondo stesso delle imprese. Non c'è altro dietro questa incredibile scelta che sta maturando e che bisognerebbe fare cestinare il più presto possibile anche per evitare tensioni sociali e di ordine pubblico che inevitabilmente nasceranno se si gestisce la crisi in questo modo. Siamo in un momento drammatico, che richiederebbe lo sforzo di ogni componente politica di aiutare tutti quelli che hanno bisogno e che sono stati messi in ginocchio mettendo da parte slogan e ideologie. Bisogna che se lo metta in testa anche l'opposizione: con questo parlamento non ci sarà una alternativa possibile al governo di Giuseppe Conte, e non ci saranno i numeri per fare un nuovo governo senza i cinque stelle. Ma c'è la possibilità di stringere l'esecutivo a non commettere ingiustizie come questa così evidente appena citata, e di fare pressing per rappresentare gli interessi degli italiani più dimenticati, i nuovi poveri che sembrano non essere a cuore di questa maggioranza. E tutti cercare di evitare l'assedio di mercati (Fitch è un esempio) e di quella vecchia idea di Europa dell'austerità che sarà la seconda tragedia che dovremo orgogliosamente affrontare. Non c'è altra strada, ed è urgente imboccarla.

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