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Conte bersagliato, è guerra alla Fase 2 del governo: dpcm scandalo istituzionale

Silvia Sfregola
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Sul web sono il bersaglio preferito della satira. Ormai i famigerati Dpcm (acronimo di Decreto del presidente del Consiglio) sono entrati stabilmente a far parte del lessico popolare, non è più solo materia per addetti ai lavori. Eppure questo strumento, che sta caratterizzato tutte le fasi dell'emergenza coronavirus, è finito al centro di un dibattito politico e istituzionale. Nella sua relazione sull'attività della Consulta nel 2019, la presidente, Marta Cartabia, ha detto chiaramente che "anche nel tempo presente, dunque, ancora una volta è la Carta costituzionale così com'è - con il suo equilibrato complesso di principi, poteri, limiti e garanzie, diritti, doveri e responsabilità - a offrire alle istituzioni e ai cittadini la bussola necessaria a navigare 'per l'alto mare aperto' dell'emergenza e del dopo-emergenza che ci attende". Sebbene il riferimento non fosse alle vicende politiche attuali, le sue parole sono state immediatamente sposate da buona parte delle opposizioni, Forza Italia in testa, con gli applausi di Mara Carfagna, Anna Maria Bernini e Debora Bergamini, che si trasformano in una 'tirata di orecchie' al governo e al suo massimo rappresentante, il premier Giuseppe Conte. Che è anche il terminale delle proteste di un pezzo della maggioranza. Anzi, di un protagonista, Matteo Renzi. Che pur riconoscendo tra i diritti-doveri dell'attuale responsabile di Palazzo Chigi quello di prendere decisioni, dice "basta" all'uso della decretazione, definendolo uno "scandalo istituzionale". Il leader di Italia viva è durissimo nella sua invettiva: "Non possiamo calpestare i diritti costituzionali con un Dpcm, trasformiamo il testo in un decreto e portiamolo in Parlamento". Un boccone amaro che Conte manda giù senza repliche al veleno. Sono lontani i tempi in cui, da capo di un governo Lega-M5S, rispondeva "anche Renzi è professore? Ah, non lo sapevo...", quando l'ex sindaco di Firenze lo definiva "un collega". Oggi il premier si limita a dire di non aver avuto tempo di leggere la rassegna stampa, ma c'è "libertà di opinioni", mentre a lui, "ahimè", tocca prendere le decisioni: "Con tutte le responsabilità del caso". Nel dibattito entra anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che prova a spegnere il fuoco delle polemiche: "Tutte le sollecitazioni in materia costituzionale sono benvenute, ma non credo che in questo momento siamo in presenza di alcuna violazione". Nel suo partito, intanto, il capogruppo in commissione Affari costituzionali della Camera, il costituzionalista Stefano Ceccanti, ha presentato un emendamento per parlamentarizzare i Dpcm, "introducendo un parere preventivo" delle Camere. L'ultima parola prova a prendersela ancora Renzi, con la sua Enews, in cui chiarisce il suo concetto: "Non può esistere uno Stato etico che ti fa autocertificare se la tua relazione affettiva è stabile o saltuaria: se nessuno si indigna per questo, significa che abbiamo un problema. La libertà legittima il governo, non viceversa". La replica di Conte arriva da Piacenza: "Sui decreti c'è sempre stato un lavoro collegiale".

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