mascherine non per tutti

Protetto solo Conte nel governo

Franco Bechis

Mentre a palazzo Chigi arrivavano prima che in qualsiasi altro presidio pubblico o privato le mascherine, il gel, i camici e perfino l'ossigeno per proteggere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i suoi più stretti collaboratori, perfino tutto il resto del governo veniva lasciato senza dispositivi di protezione individuale. Perfino i ministeri dell’Interno e quello della Difesa che pure sovrintendevano a strutture delicatissime nella costruzione del fronte dell’emergenza, visto che sotto di loro ci sono forze dell’ordine ed esercito ampiamente impiegate nella prima linea della emergenza coronavirus.  Per approfondire leggi anche: Conte come Schettino, l'inchiesta de Il Tempo sbarca alla Camera Solo tre giorni prima di fare partire gli approvvigionamenti di mascherine per Palazzo Chigi infatti chi era alla guida del governo aveva inviato e fatto pubblicare sui siti di molti ministeri una sorta di manuale di istruzioni che portava la firma del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità e aveva come titolo: «Nuovo coronavirus - Dieci comportamenti da seguire». Al punto numero 7 indicava: «Usa la mascherina solo se sospetti di essere malato o assisti persone malate», e si spiegava che «l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di avere contratto il nuovo coronavirus, e presenti sintomi quali tosse o starnuti, o se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo coronavirus (viaggio recente in Cina e sintomi respiratori)». Il messaggio che si dava dunque il 23 febbraio era che sostanzialmente le mascherine non servivano a meno di essere sintomatici o a fianco di persone malate. D’altra parte fossero servite già a quella data non se ne trovavano più nella rete tradizionale delle farmacie che esponevano tutte cartelli sulle mascherine esaurite e si avviavano a terminare anche le scorte di Amuchina nella stragrande maggioranza dei casi. Bisogna onestamente dire che la scelta governativa era condizionata all’epoca anche da numerosi esperti che dicevano la stessa cosa nelle principali trasmissioni televisive, salvo poi dire l’esatto opposto qualche settimana dopo. Comprensibile quindi i consigli fuorvianti che in quel momento stava diramando a tutti il governo, forse causando per quell’errore qualche contagio di troppo. Il fatto è che a non fidarsi di quello che faceva dire a tutti gli altri è stato proprio il comandante in capo, il presidente del Consiglio Conte, visto che i suoi dirigenti avviavano già il 26 febbraio i contatti con aziende che fossero in grado entro cinque giorni di fornire mascherine Ffp3, mascherine chirurgiche, guanti in nitrile e camici per i visitatori. Conte già era in grado di indossare la nuove mascherine nei primi giorni di marzo e ne ha fatto sfoggio in riunioni con altri ministri e al Cipe (la foto è stata diffusa sul proprio profilo Instagram dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Riccardo Fraccaro). Quindi Palazzo Chigi si è messa in salvo, e a tutti gli altri continuava a dire che nulla di quello con cui riempiva i suoi arsenali era davvero utile per evitare il contagio. Così gli altri ministeri sono restati fermi in giorni decisivi. Il primo a muoversi è stato quello dell’Interno, il 4 marzo, ma per poca cosa che ancora eran in linea con i consigli del manualetto: prima alcune valigette di pronto soccorso, e poi la fornitura di distributori Abs per gel igienizzante le mani oltre a cartucce di ricambio e flaconi singoli a base di alcol. Solo nell’ultima settimana di marzo il ministero dell’Interno ha proceduto all’acquisto (basato su una nota del 17 marzo) di «200 mascherine chirurgiche per la protezione del personale dipendente che assicura la presenza giornaliera in ufficio per attività dichiarate indifferibili». È del 19 marzo invece l’acquisto da parte del ministero dell’Economia sul Mepa (il mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni) di mille coppie di guanti monouso, 20 litri di gel igienizzante e mille mascherine. E anche il ministero della Difesa si è mosso solo a quell’epoca con una procedura di affidamento diretto vista l’urgenza che ha avuto esiti non del tutto soddisfacenti, visto che sono andati deserti 11 dei 14 lotti di materiale di protezione che stavano cercando. Ma almeno sono riusciti ad ottenere 134 termometri ad infrarossi, 2.500 mascherine Ffp2 e 80.869 mascherine chirurgiche. Qualcosina è riuscito ad acquistare anche il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ma sono andate a vuoto in tutti questi casi le ricerche delle mascherine più protettive, quelle Ffp3. Chissà perché Conte che ne aveva i magazzini traboccanti non solo non ne ha distribuite ai colleghi di governo, ma non ha nemmeno fornito i numeri di telefono dei suoi eccellenti fornitori in Veneto e nel bergamasco che nel giro di pochi giorni avevano esaudito ogni richiesta.