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Ma quale attacco hacker, sito Inps in tilt perché non c'erano abbastanza soldi

Con i soldi del Cura Italia il bonus sarebbe andato a 339mila domande. Proprio il numero che ha fatto saltare il sistema

Franco Bechis
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L'istante prima di andare in tilt la mattina di mercoledì primo aprile il sito dell'Inps aveva appena superato 339 mila domande presentate da partite Iva e commercianti per avere il bonus di 600 euro. A quel momento è impazzito, non ha accolto più una domanda e ha cominciato ad aprire i profili degli utenti con una maxi violazione della privacy. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, esplosa la polemica ha provato a tacitarla assicurando che l'Inps era «sotto attacco hacker». Ipotesi confermata con molta più timidezza ieri dal presidente dell'istituto di previdenza, Pasquale Tridico per cui il tilt sarebbe causato sia dall'alto numero di accessi contemporanei che da «violenti attacchi hacker» in corso da giorni. Le autorità che indagano sono molto scettiche su questa ipotesi. Penso che abbiano ragione, e che la ragione di questo tilt sia facile da cercare all'interno del decreto Cura Italia. Il bonus da 600 euro per cui bisognava fare domanda è regolato dall'articolo 27, comma 2 del decreto legge di Conte. Che cosa dice quel testo? Che «L'indennità di cui al presente articolo è erogata dall'Inps, previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 203,4 milioni di euro per l'anno 2020». E si aggiunge alla fine che l'istituto di previdenza deve tenere sotto monitoraggio le domande delle partite Iva perché qualora fossero emersi scostamenti (cioè più domande di quelle previste), «anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori». Quindi Conte aveva stabilito che per negozianti e partite Iva c'erano al massimo 203,4 milioni di euro, non un centesimo di più e arrivati a quella cifra chi avesse fatto domanda doveva restare fuori. Quanti avrebbero avuto diritto ai 600 euro con quella spesa massima? Semplice: 339 mila, proprio la cifra dopo la quale il sito dell'Inps è andato in tilt. Una coincidenza? Possibile, ma certo il sospetto che l'Inps avesse messo una barriera proprio al raggiungimento di quelle richieste perché tanto non ne avrebbe potuta accogliere una di più, non sembra campato così in aria. Se così fosse, era meglio evitare di essere derisi perfino da Anonymus Italia («avremmo voluto farlo saltare noi, ma hanno fatto tutti da soli) per la baggianata degli hacker. A ieri sera dopo mille altri problemi le domande arrivate all'Inps per quei maledetti 600 euro erano cinque volte più di quanto Conte aveva previsto: 1,7 milioni rispetto alle 339 mila immaginate. Quelle domande quindi hanno bisogno di un miliardo di euro di copertura invece dei 203,4 milioni di euro stabiliti come tetto massimo. Immagino che per evitare l'assalto a palazzo Chigi delle partite Iva armate di forconi, gli 800 milioni di euro che mancano andranno rapidamente trovati dal governo con un emendamento al suo decreto in corso di conversione in Parlamento. Ma quella previsione clamorosamente errata la dice lunga sulla capacità di chi ci governa di comprendere l'Italia e gli italiani. Non ne hanno la minima idea, come evidentemente non hanno la più pallida percezione dell'entità del danno provocato ai bilanci delle famiglie con la serrata totale dell'economia scelta su spinta dei virologi. Quei 600 euro sono un'inezia rispetto al danno provocato ai negozianti a cui si è imposta la chiusura, come ai lavoratori autonomi e alle micro imprese che non hanno più potuto incassare nulla. Credo che per molti esercizi commerciali (anche bar, pizzerie, pub) equivalga agli incassi di una mezza giornata andata male. E per un basilare principio di equità ognuno di quegli incassi perduti per colpa dello Stato andrebbe risarcito integralmente, non con quella paghetta umiliante. Ma avendo perso tutto anche quei maledetti e poveri 600 euro sono un modo per sopravvivere: non aiuta il mantenimento in vita dell'attività commerciale, ma almeno mette un piatto di minestra in tavola nelle famiglie che lo potranno (chissà quando) percepire. Come facevano Conte e i suoi ministri a non pensare che chiunque avendone il diritto lo avrebbe richiesto? Ho già sentito rispondere a domande simili dalla banda dei cantori di regime che povero Conte, che ne può lui se il coronavirus è deflagrato? Avrebbe fatto tutto il possibile per contenerlo, e avrebbe messo la salute degli italiani davanti a tutto nelle decisioni che ha preso. Ma c'è un limite nell'essere presi in giro da questi cantori. I fatti non ammettono interpretazioni: il governo ha dichiarato l'emergenza sanitaria il 31 gennaio per sei mesi, evidentemente perché era stato avvertito di cosa sarebbe potuto accadere. Ma non ha fatto nulla da quel giorno per un mese, non ha alzato una palizzata per contenere lo tsunami, non ha attrezzato i suoi uomini per l'emergenza (nemmeno le mascherine per i medici!), è restato semplicemente fermo guardandosi allo specchio ad attendere l'onda terribile. Ha responsabilità gravissime per quel che è accaduto. Molte persone morte si sarebbero potute salvare se solo si fossero attrezzati in quel tempo che hanno passato a dormire. Il contagio avrebbe potuto essere limitato, in molti casi evitato se tutti avessero avuto le armature con cui andare in guerra. E invece hanno mandato i nostri infermieri e i nostri medici in guerra come accadde agli alpini sul fronte russo nella seconda guerra mondiale: con le scarpe rotte. Ora la smettano di fare guai nascondendosi dietro un filo d'erba. Agli italiani- a tutti gli italiani- va risarcito tutto quello che Conte e il suo governo ha loro colpevolmente tolto.

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