In Italia scoppia il dilemma del "riposo"
Abbiamo un problema con il “riposo”, sembra evidente. I dati iniziano a indicare qualche flebile segnale positivo, ma leggiamoli per quel che sono. Al di là dei posti letto in terapia intensiva e dei decessi (peraltro non sempre esattamente riconducibili al virus, in virtù dei tanti avvenuti a casa) sono numeri dipendenti, loro malgrado, da molte varianti volatili in fase di elaborazione. Dunque vige sempre l'esigenza di stare a casa, che sembra essere entrata in molte teste, ma non in tutte. Specie se qualche leader politico porta all'attenzione dei media discorsi che sarebbero più da professionisti e addetti ai lavori che da comunicazione al grande pubblico, che può fraintendere il messaggio della ripartenza dimenticando l'obbligo primario che resta oggi quello di stare a casa. Pur nella ormai quotidiana regolarità del lavoro per tanti italiani, mai riposo, distacco dal traffico o da faticose routine cittadine, fu tanto avversato. Ma c'è un altro riposo che in queste ore sta scandalizzando il Paese. Muovendo gli animi più responsabili su cui la patria sa di poter contare. Gli scandalizzati della preghiera. Facciamo una dovuta premessa. Ci sono gusti e sensibilità che vanno rispettati, quindi ci sono azioni o intenzioni che possano piacere o meno, urtare o meno. La fase successiva è quella della manifestazione del proprio pensiero e delle reazioni. Bene, nel caso del famigerato “Eterno riposo” di “Live non è la d'Urso” quella che a me sembra stonata è proprio la portata di alcune reazioni e di alcune ragioni che vengono addotte a difesa tanto della religione quanto dell'ateismo, due insiemi che in questo caso sembrano persino sovrapporsi. Forse uniti proprio dal gusto e dalla sensibilità sopra citate, al pari dell'affiancamento tra la preghiera in oggetto e quella del Papa che il buon Dago oggi ricorda. Per approfondire leggi anche: Preghiera in diretta tv, bufera social Sarò ingenuo, ma a esser sincero sono meravigliato in primis dalla reazione nei confronti di un messaggio, comunque positivo. Capisco che entri in gioco la politica - e siamo d'accordo sul tenerla separata dalla religione, al netto di valori che possano accomunarle - quindi scatti necessariamente la creazione delle consuete due fazioni: siamo, e resteremo sempre, il paese dei guelfi e dei ghibellini. Capisco che entri in gioco una figura di nota fama e successo, che suscita reazioni simili a quelle appena descritte, con i fans club e gli avversari giurati. Ma vi do una notizia: quella libertà che rivendicate per voi, spetta anche agli altri. Davanti ai quali, pensate un po', potete persino rivendicare la vostra. Non si è d'accordo, si può non ascoltare ma lasciar parlare. Parola di Voltaire. Come esercitarla in questo caso di mostruoso e oltraggioso momento di raccoglimento? Con uno strumento potente nella difesa dei valori democratici: il telecomando. Viviamo un momento difficile, ma bizzarro, con battaglie forse “semplificate” rispetto al passato: possiamo diventare eroi senza andare al fronte ma stando a casa, possiamo difendere valori nobili senza dover brandire la spada ma un semplice telecomando. Vi sentite così urtati? Bene, si può cambiare canale. Il giudizio su quello che va in onda resta severo? Manifestatelo, ma senza guerre di religione, mi sento di dire. Ci sono persino petizioni che chiedono denaro per portare “all'attenzione dei potenti”, il che mi sembra anche singolare, un messaggio della chiusura di un programma. Siamo seri, e rispettosi. Il ragionamento sarebbe “non ci piace, ci urta, quindi va chiuso?”. Mi sembra la storia del crocifisso per certi versi. Siamo un Paese tollerante, accogliente, punto. E siamo un Paese con radici cristiane, che non impone con la forza, al massimo difende con tolleranza. Poi, a voi cattolici ma anche a tutti coloro che, al di là della religione, hanno manifestato una sensibilità così alta, una domanda aperta: i programmi in cui sono andate in onda scene forti, offensive, violente o persino bestemmie? Non ho memoria di reazioni tanto forti. Bastava stigmatizzarli con un (perbenista) “non si fa”? Perché non armare una “guerra Santa” in quel caso? Perché, ahimè, le proteste credo celino qualcosa di molto ideologico, quella stessa commistione tra religione e ideologia che in apparenza è l'accoppiata che s'intende combattere. Allora la mia idea è, manifestiamo liberamente il nostro pensiero. Aiutiamo noi stessi e tutti a migliorarci. Ma riflettiamo sulle argomentazioni e sulla portata delle reazioni. Se eccessive invece che aiutare potrebbero, al contrario, avvelenare un clima che, ora più che mai ha bisogno di pensieri e cuori solidali. Amen.