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Il doppio gioco degli onorevoli sui vitalizi. Cosa fanno per riaverli
Una valanga di ricorsi da parte di circa 700 ex senatori a cui è stato tagliato il vitalizio. Un’associazione, quella degli ex parlamentari che chiede, in una nota, un incontro urgente con il presidente dell’Assemblea di palazzo Madama Elisabetta Casellati e denuncia «la campagna di minacce ed intimidazioni» a cui sarebbe stato sottoposto il presidente della commissione Contenziosa chiamata a pronunciarsi sulla faccenda - si tratta di Giacomo Caliendo, di Forza Italia - tanto da determinarne «la rinuncia a partecipare al giudizio». In questo clima di scontro permanente, ci si chiede che diavolo di fine abbia fatto il principio dell’autodichia, la prerogativa cioè di alcuni organi costituzionali di giudicare sulle controversie relative allo stato giuridico ed economico dei loro dipendenti. Lo abbiamo chiesto, tra gli altri, a Primo di Nicola, senatore del Movimento cinque stelle, giornalista di razza, autore di un bel po’ di articoli sull’argomento ed autore tre anni fa insieme ad Antonio Pitoni e Giorgio Velardi di un libro dal titolo significativo «Orgoglio e vitalizio». «Mi auguro che ci sia un ritorno alla ragionevolezza giuridica - ci confessa l’esponente pentastellato -. Quello dell’autodichia è un organo di giustizia interno che in qualche modo tutela l’indipendenza, l’autonomia dell’istituzione Parlamento. In sé è un ottimo strumento, ma c’è certamente nei cittadini l’impressione che questo sia alla fine un sistema di difesa, secondo me, corporativa di un istituto come quello del vitalizio che già contiene nei suoi meccanismi dei privilegi inaccettabili, vergognosi, sfacciati». Leggi anche: Caro Travaglio, stavolta sui vitalizi hai sbagliato Il sospetto, dunque, che più di qualcuno stia provando a fare il furbo è concreto, tanto che per il rappresentante del M5s «il fatto che, dopo venti anni di contestazioni da parte della gente verso uno strumento di carattere assicurativo-previdenziale, ci sia qualcuno in Senato che tenta di ripristinare un privilegio alla vecchia maniera, nella sua forma originaria - con ad esempio un solo giorno di presenza in servizio alla settimana - finisce per squalificare di fatto quella concezione dell’autodichia che pure ha una sua funzione di utilità. Perché è questo che accade quando il collegio giudicante di un organo di giustizia interno - come la commissione Contenziosa - è presieduto da un senatore come Caliendo in un palese conflitto di interesse. Di fronte a questa evidenza, la circostanza che ci sia più di qualcuno in Parlamento che stia tentando di procedere in questo modo, vuol dire che si stanno difendendo gli interessi della Casta». Un vecchio frequentatore di Aule parlamentari come il senatore del Partito democratico, Luigi Zanda, ha pochi dubbi: «L’autodichia ha un senso forte in via generale - ci dice -. È un istituto importante che chi crede nella democrazia rappresentativa deve tutelare. Il tema dei vitalizi, intanto, è superato perché dal 2012 non esistono più, sono stati aboliti e sostituiti con trattamenti di quiescenza di tipo contributivo. Quanto alle polemiche sulla commissione Contenziosa di palazzo Madama, credo che debba essere dato un modo per ricorrere a decisioni interne al Parlamento e credo sia giusto che il ricorso sia fatto appunto all’interno delle Camere: francamente, non vedo in questo degli elementi di contraddizione». Dal canto suo, l’esponente della Lega e presidente della commissione Finanze e Tesoro sempre del Senato, Alberto Bagnai, da noi intercettato nei corridoi di palazzo Madama dopo il question time del premier Giuseppe Conte, si limita a spiegare che «è in corso un dibattito, e comunque l’autodichia ha un senso», prima di rispondere alle domande di un altro cronista sulla questione del Meccanismo europeo di stabilità. Il presidente dei senatori di Italia viva, Davide Faraone, nel commentare l’utilità o meno del principio dell’autodichia, avverte che «occorre separare il merito della vicenda dei vitalizi su cui hanno deciso Parlamento e governo - e dobbiamo rispettare quanto è stato stabilito -, dall’esistenza di organismi che intervengono rispetto a ricorsi che presentano i cittadini. Da questo punto di vista, quindi, sono da rispettare tutti e due i principi: quello di un provvedimento che è stato approvato e che va applicato, e quello di chi sente di ricorrere rispetto a misure che reputa ingiuste: altrimenti - chiosa il parlamentare - qui chi decide cosa? Ritengo che bisogna muoversi in questa direzione. A me interessa semplicemente che strumenti di privilegi per i politici, che sono stati utilizzati in passato, non vengano più ripensati in quel modo». Insomma, un colpo al cerchio ed uno alla botte, quello del rappresentante di Iv, fedelissimo di Matteo Renzi.