Caos M5s, ora i Cinquestelle fuggono dal congresso
L'ipotesi del M5s di rinviare gli "Stati generali" con la scusa della campagna referendaria per il taglio dei parlamentari
Sembra fortificarsi la trincea anti-Pd nel MoVimento 5 Stelle, rendendo sempre più netta la spaccatura tra chi vuole un ritorno ai temi identitari, percorrendo la cosiddetta «terza via» e chi, invece, vuole accasarsi nel Nazareno per un'alleanza, partendo dalle prossime Regionali di maggio. L'ultimo colpo di zappa arriva dal dimaiano, Stefano Buffagni, che senza mezzi termini chiude la porta a Nicola Zingaretti. «No alle sirene del Pd! Credo che il M5s debba pensare a se stesso, e non mettersi ad allargare il campo e fare alleanze in giro per l'Italia...», puntella il viceministro allo Sviluppo economico, avvertendo in primis Giuseppe Conte da tempo a lavoro per portare i 5 stelle tra le braccia del Pd, dimenticando che se ora sta a Palazzo Chigi deve ringraziare, tra tutti, il pentastellato dei pentastellati, Luigi Di Maio che proprio dei dem non vuole sentir parlare. Ma da buon democristiano, Conte tira dritto, consapevole che soltanto al fianco dei dem può garantirsi la poltrona. Non è chiaro, intanto, quando si svolgeranno gli stati generali del M5s. Voci sempre più insistenti, parlano di un rinvio rispetto alla prevista data del 15 marzo. E non solo perché il 29 marzo si voterà per il referendum sul taglio dei parlamentari, sul quale i 5stelle si giocano una fetta della loro ripartenza. Ma soprattutto perché il movimento è in pieno caos e sbagliare ulteriormente mossa, sarebbe letale. Quindi, tempo. Di certo il M5s non può permettersi di rinviarli troppo in là, visto le Regionali di maggio-giugno. Tuttavia, il «congresso» è già in corso. Le mozioni, al momento, sono sostanzialmente due. Quella filo-Pd e quella che segue la linea perseguita dall'ex capo politico, Luigi Di Maio, opposta a quella di Conte e che punta a un ritorno al progetto originale del movimento, equidistante da destra e soprattutto sinistra e non, come chiesto dal premier, una parte dell'«asse innovatore progressista contro le destre». La prima mozione, ha tra i principali sostenitori, Roberto Fico che al di là del suo ruolo istituzionale, ricorda per non far dimenticare: «Il M5s è assolutamente unito per andare avanti a sostenere il governo fino a fine legislatura. Di tutto il resto parleremo agli Stati generali». Come dire, l'alleanza col Pd non si tocca, incarichi e poltrone a tempo debito. La seconda mozione, invece, trova supporto dei dimaiani doc come Laura Castelli, Manlio Di Stefano, Francesco Silvestri e Maria Edera Spadoni. Gruppo alla testa del quale il ministro degli Esteri vorrebbe mettere una segreteria ristretta e due capi: la sindaca di Torino, Chiara Appendino, e magari Alessandro Di Battista. Ma nella partita degli stati generali, Dibba è già una variabile indipendente. Ma questa è un'altra storia. Fuori programma: un gruppo di attivisti calabresi del M5s ha segnalato ai probiviri il senatore Nicola Morra, dopo le sue dichiarazioni con le quali ha rivelato di un aver votato per il candidato 5stelle alle Regionali. Il caos non ha fine.