elezioni regionali
Sì, Salvini ha perso ma per il centrodestra è stato record in Emilia
Avendo accentrato tutta su di sè la partita della Emilia Romagna a Matteo Salvini è accaduto esattamente quel che avvenne all’altro Matteo della politica italiana- Renzi- con il referendum costituzionale del 2016: è uscito con una brutta sconfitta e veste oltremisura i panni del perdente. Fossi nei suoi avversari però ammorbiderei i toni trionfali che naturalmente ci sono stati il giorno dopo la vittoria insperata. Perché guardata a qualche ora di distanza con la freddezza dei numeri di trionfale quella vittoria ha avuto assai poco e sul fronte opposto non è davvero il caso che il centrodestra si fasci troppo la testa. Al di là della efficacia della campagna elettorale di Stefano Bonaccini (che però dal 90% dei sondaggi è sempre stato dato in testa, in largo vantaggio fino a quando sono stati pubblicabili), l’Emilia Romagna ci dice che c’è ancora un fazzoletto di terra italiana in cui la maggioranza politica che attualmente è al governo nazionale lo è anche nel corpo elettorale. Non sono più molte però le regioni in cui questo è realtà, e l’attuale governo di Giuseppe Conte è all’opposizione del corpo elettorale nella stragrande maggioranza degli altri fazzoletti di paese. Vedremo fra qualche mese se l’anomalia Emilia Romagna è replicabile nelle altre regioni in cui si vota. Domenica scorsa c’era una consultazione in due Regioni che entrambe erano governate dal centrosinistra, una è stata mantenuta e l’altra- la Calabria- è stata persa. Lì per altro sommando gli attuali alleati di governo si resta comunque ad oltre 15 punti di distanza dal centrodestra guidato da Jole Santelli: una enormità. Se a Bologna e dintorni è fallita la spallata evocata da Salvini, è però vero che il 43,63% ottenuto da Lucia Borgonzoni è stato il migliore risultato di un candidato di centrodestra nella storia della seconda Repubblica e che solo 2,8 punti separano le coalizioni, la distanza minima mai ottenuta dal 1994 in poi. Fu nel 2010 il migliore risultato precedente quando il centrodestra guidato da Anna Maria Bernini riuscì ad ottenere fino ad allora la minore distanza dal centrosinistra. Ma inseguiva a 13,6 punti di distanza. Alle ultime elezioni, le prime vinte da Bonaccini nel 2014, il centrodestra già a guida leghista (il candidato era Alan Fabbri) inseguiva a 20 punti di distanza la coalizione guidata dal Pd. Quel che è avvenuto domenica scorsa resterà quindi nella storia del centrodestra e ha fatto tremare come mai si era immaginato possibile la principale e storica roccaforte della sinistra che aveva dominato senza preoccupazioni dal dopoguerra ad oggi. Se la spallata non è riuscita in gran parte si deve al risultato clamorosamente negativo di Forza Italia che ha ottenuto appena il 2,5% dei consensi quando dieci anni fa era sopra il 20%. Uno spappolamento che si è perso perfino nelle analisi degli azzurri grazie al risultato della Santelli in Calabria, ma che agita non poco gli esponenti azzurri del Nord Italia che temono una situazione non dissimile in quell’area e soprattutto in Veneto. E’ il vero campanello di allarme della coalizione di centrodestra, sia per gli effetti che potrebbe oggi suscitare nei parlamentari azzurri del Nord (che ancora ci sono), sia per le prospettive di una legge elettorale con sbarramento alto che taglierebbe le ali all’intera coalizione...