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La Lega fallisce la spallata a Conte. Ma il M5s non esiste più

Il successo di Bonaccini rafforza il Pd. Ma per il premier si apre il problema grillino. La forza di maggioranza relativa che lo sostiene è sparita. E anche sulla legge elettorale torna tutto in discussione

Carlantonio Solimene
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La Lega di Matteo Salvini fallisce la spallata al governo Conte, il Pd può tirare un sospiro di sollievo, il Movimento 5 stelle a livello locale praticamente non esiste più. Sono questi, in sintesi, i risultati delle Regionali in Emilia Romagna e Calabria, un turno elettorale attesissimo per i possibili riflessi sul piano nazionale e che non ha lesinato sorprese rispetto alle previsioni della vigilia. Partiamo dai governatori. Stefano Bonaccini, stando alle proiezioni che lo danno in vantaggio sulla leghista Lucia Borgonzoni con un distacco tra i 5 e i 10 punti, si conferma governatore in Emilia Romagna. Un successo soprattutto personale, visto che Bonaccini si staglierebbe oltre il 50% dei consensi mentre le liste a suo sostegno si fermerebbero poco sopra il 47%. La leghista Lucia Borgonzoni inseguirebbe intorno al 43%, con le liste a suo sostegno poco oltre il 45. Dal punto di vista dei partiti, tanto Pd che Lega sarebbero oltre il 30%, ma i democratici avrebbero effettuato un controsorpasso sul Carroccio che la dice lunga. Perché alle Europee era stato proprio il partito di Matteo Salvini a vincere la corsa tra le forze politiche. Un ruolo determinante, da questo punto di vista, l'ha recitato il movimento delle Sardine, capace di mobilitare un popolo, quello del centrosinistra, che da tempo sembrava profondamente depresso. Anche per questo si spiegherebbe un'affluenza oltre il 67%, mentre 5 anni fa si era fermata appena al 37%. Non a caso Zingaretti ha voluto tributare un sincero ringraziamento a Mattia Santori e compari nel primo commento post voto. In quanto agli altri partiti, male Forza Italia, ferma il Emilia al 2,5%, malissimo il Movimento 5 stelle, che si ferma al 5,8% nella Regione in cui di fatto è nato. In Calabria, come da previsione, vince Jole Santelli con oltre il 50% dei consensi e circa venti punti di vantaggio sullo sfidante del centrosinistra Pippo Callipo. Ma le sorprese maggiori arrivano dai voti di lista. Con circa il 14% dei consensi il Pd sarebbe primo partito davanti a Forza Italia con l'11 (ai quali però va aggiunto il 9% della lista personale della neogovernatrice) mentre il Carroccio si fermerebbe solo al 10%. Un dato che rappresenta certamente uno smacco per Salvini. Malissimo anche in questo caso il Movimento 5 stelle. Di fatto il risultato delle elezioni, oltre a puntellare il governo Conte, rafforza il Partito democratico nonostante chiuda questa tornata di Regionali con un governatore in meno, quello della Calabria. Soddisfa in fondo Forza Italia, che arriva a schierare la bellezza di 4 governatori nonostante percentuali ormai residuali. Ma è inevitabile interrogarsi sul destino della forza di maggioranza relativa, il Movimento 5 stelle, che ormai praticamente esiste solo nel "Palazzo", senza un corrispettivo reale nel Paese, al punto che il suo candidato governatore in Calabria rischia persino di non entrare in Consiglio regionale, visto che è stato superato anche dal candidato della sinistra "alternativa" Carlo Tansi. Cosa succederà a livello di governo? Difficile immaginare un rimpasto che premi di più il Partito democratico. Più facile che i Dem chiederanno più potere decisionale in merito ai dossier scottanti del governo Conte, come la riforma della prescrizione o il caso delle concessioni autostradali ai Benetton. Anche sulla legge elettorale, considerato il ritorno di un quadro sostanzialmente bipolare con centrodestra e centrosinistra l'un contro l'altro e i grillini ormai ininfluenti, l'accordo per il proporzionale potrebbe essere rimesso in discussione e, chissà, il Pd potrebbe chiedere una sterzata maggioritaria favorendo l'aggregazione intorno a se stesso di tutte le forze progressiste. In quando a Salvini, di certo l'eccessiva esposizione nelle Regionali dell'Emilia Romagna non giocherà a suo favore. I suoi alleati, in particolare, potrebbero contestargli la scelta di una candidata, Lucia Borgonzoni, che all'esito del voto si è dimostrata piuttosto debole. Una scelta sulla quale in particolare la Meloni non si era mai mostrata del tutto convinta, spingendo senza successo per il suo Galeazzo Bignami.

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