sì all'incriminazione
Caso Gregoretti, la Lega manda a processo Matteo Salvini
Al termine dell’ennesima giornata rocambolesca, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di palazzo Madama dice sì alla richiesta di autorizzazione a procedere del Tribunale dei ministri di Catania nei riguardi di Matteo Salvini, per la vicenda della nave Gregoretti. A Sant’Ivo alla Sapienza, a Roma, la votazione si conclude infatti cinque a cinque. Un pareggio per nulla salomonico, che secondo regolamento equivale ad una bocciatura della relazione con cui il presidente dell’organismo Maurizio Gasparri aveva espresso la sua contrarietà. Una parità che si determina per l’assenza della maggioranza, che diserta polemicamente i lavori per le decisioni che hanno portato alla convocazione della seduta di ieri. Una sorta di melina attuata da Partito democratico, Movimento cinque stelle ed Italia viva. Alla fine si ritrovano in dieci a pronunciarsi, di cui i cinque membri della Lega si esprimono a favore della richiesta di rinvio a giudizio, mentre i quattro esponenti di Forza Italia e quello di Fratelli d’Italia si schierano contro. L’ultima parola spetterà all’Assemblea, il prossimo 17 febbraio, quando sarà la senatrice del Carroccio Erika Stefani a riferire nell’emiciclo sul verdetto della Giunta. Immediata la risposta dell’ex titolare del Viminale, che si dice pronto ad andare «in tribunale a testa alta, a nome del popolo italiano. La signorina Carola (Rackete, ndr), che per portare immigrati in Italia ha speronato una motovedetta italiana, viene assolta. E processano per sequestro di persona me. Vogliono mandarmi a processo, ma senza dire come, quando e perché. Sanno che domenica prossima si vota in Emilia-Romagna e quindi Salvini è meglio mandarlo a processo dopo, anziché prima». Una presa di posizione durissima, quella dell’ex vicepremier, che lancia così ancora una volta una vera e propria sfida - chiamatela pure provocazione - agli avversari. Anzi, Salvini va oltre ed annuncia che i suoi senatori voteranno sì all’autorizzazione a procedere anche in Aula. «Sì, sono testone - aggiunge - Sono curioso, faccio di testa mia e non ascolto i legali» che hanno sconsigliato il processo. «Sono stufo di passare le mie giornate rispondendo su processi e cavilli. Se mi condannano mi condannano, se mi assolvono mi assolvono. Partita chiusa». Intanto prendeva il via, con l’hashtag #digiunopersalvini, un’iniziativa in difesa del leader leghista, con tanto di sito a raccogliere adesioni per una giornata senza cibo in segno di solidarietà e con la scritta sulla homepage: «Matteo Salvini a processo, rischia la galera per aver difeso la patria!». E se il capo del governo Giuseppe Conte liquida la faccenda spiegando di aver già chiarito il suo coinvolgimento, il segretario del Pd Nicola Zingaretti definisce «patetico» l’ex responsabile dell’Interno, «sta costruendo intorno a una vicenda, che dovrebbe essere solo giudiziaria, un battage politico perché pretende l’impunità». Non ha dubbi, poi, il capo politico del M5s Luigi Di Maio, secondo cui «Salvini è passato dal sovranismo al vittimismo, ma è solo tattica». Efficace, come sempre, il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che accusa la sinistra di voler «processare Salvini, ma non se ne vuole assumere la responsabilità. Sanno che è una cosa indegna. Rimandano il voto a dopo le elezioni regionali».