Con la nuova legge elettorale la vera sfida sarà Berlusconi-Renzi
L'ipotetica legge elettorale con soglia al 5% regalerà un ruolo decisivo a Iv e Forza Italia
Che le leggi elettorali finiscano puntualmente col provocare l'effetto contrario a quello sperato dai promotori è cosa nota. Ne sono esempio il «Porcellum» di Calderoli che finì col portare al governo il centrosinistra e il Rosatellum che, nato per arginare l'ascesa del M5s, regalò Palazzo Chigi ai «populisti» Di Maio e Salvini. Anche il «tedeschellum» sul quale hanno trovato l'accordo il Pd e i pentastellati rischia di non fare eccezione. Perché se il suo obiettivo è quello di impedire a Matteo Salvini di vincere «troppo», tralascia l'effetto deleterio che potrebbe avere la soglia d'ingresso al 5%, polverizzando tutti i partitini di sinistra e facendo crescere il vantaggio - in termini di seggi - del centrodestra. Se, invece, lo scopo è quello di cancellare dalla cartina geografica della politica i partitini, la controindicazione è quella di regalare un ruolo decisivo, ai fini del risultato finale, proprio a quelle piccole formazioni politiche che ballano intorno alla fatidica percentuale del 5%. La questione è semplice. Se si votasse domani, stando ai sondaggi attuali in Parlamento entrerebbero appena cinque partiti: la Lega, il Pd, il M5s e Forza Italia. Ne resterebbero fuori, invece, Italia Viva (quotata tra il 3 e il 4%), Leu, +Europa e altre piccole formazioni. Il centrodestra, che se somma algebricamente i suoi consensi vale già oggi intorno al 50%, vedrebbe aumentare la sua percentuale in termini di seggi proprio grazie alla «tagliola» della soglia d'ingresso. Le percentuali dei partiti esclusi, cioè, verrebbero redistribuite tra i cinque ammessi. Il 50% di Berlusconi, Salvini e Meloni, insomma, potrebbe diventare anche un 55/60% di seggi. Fin qui la teoria. La pratica, ovviamente, sarà diversa. Perché la legge elettorale potrebbe provocare nuove aggregazioni (LeU e +Europa potrebbero «federarsi» col Pd). E, per un effetto paradossale, il risultato elettorale sarebbe nelle mani di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Se Forza Italia restasse sotto la soglia del 5%, ad esempio, il centrodestra vedrebbe allontanarsi la fatidica soglia della maggioranza. Che, in maniera perversa, potrebbe addirittura avvicinarsi all'asse Pd-5 stelle se Renzi ottenesse un risultato superiore al 5%. Viceversa, se Italia Viva restasse alle percentuali attualmente stimate nei sondaggi e Forza Italia superasse la soglia, per il centrodestra si prospetterebbe un successo di proporzioni importantissime. L'aspetto che rende ancora più intrigante la vicenda è il fatto che Renzi e Berlusconi guardano allo stesso elettorato. Il famigerato «centro» moderato. Un'area politica ormai quasi mitologica, probabilmente meno estesa di quanto da sempre stimato dai politologi. Nella quale, insomma, potrebbe esserci spazio per solo uno dei contendenti. E il «superstite» si ritroverebbe a fare da ago della bilancia della prossima legislatura. Scenari futuristici, sui quali in effetti pesano numerosissime incognite. La prima delle quali è la decisione che mercoledì 15 gennaio prenderà la Consulta sull'ammissibilità del referendum proposto dalla Lega per il ritorno a un sistema maggioritario. In caso di pronucia favorevole, proveranno davvero Pd e 5 stelle a insistere su un sistema proporzionale rivendicando la primarietà del Parlamento su un tema del genere? È un'incognita, così come l'effettiva sopravvivenza, all'interno del «tedeschellum», di una soglia d'ingresso così alta come quella del 5%, antico sogno dei partiti «grandi» che, però, i «piccoli» sono sempre riusciti a scongiurare. Intanto, questa settimana nella commissione Affari istituzionali della Camera sarà avviato l'esame della proposta di legge firmata dal grillino Giuseppe Brescia. Sull'esito finale dell'iter, però, ad oggi i dubbi sono molti di più delle certezze