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Più casino c'è e meglio è. Sanremo visto da Dago

Roberto D'Agostino sul caos esploso per il festival di Sanremo: "Più brutto è e più ci divertiamo"

Pietro De Leo
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Il duello figurato tra Rula Jebreal e Rita Pavone? «È Totò contro Maciste». Roberto D'Agostino, direttore e fondatore di Dagospia, timbra con una battuta l'evoluzione del caso sanremese 2019. Chi è Totò? «Ma no, era una metafora. Una fa la giornalista, l'altra fa la cantante, nessuna delle due fa ridere». Rula Jebreal è progressista. Rita Pavone, così dicono sui social quelli che protestano, sovranista. Siamo al bipolarismo sul palco? «No, questa è una sciocchezza. Sanremo è così, c'è dentro di tutto. C'era Albano che è putiniano, altri di sinistra, ognuno la pensa come vuole». Per approfondire leggi anche: Televoto anticipato: è derby Rita-Rula Andiamo al caso di questi giorni. La presenza di Rula Jebreal. Prima sì, poi no e ora nuovamente sì. Lei per primo ha dato la notizia su Dagospia. «Sì ho messo questa notiziola, senza nessun rilievo particolare. Poi si è scatenato tutto quel bordello che abbiamo visto. Addirittura da Rula Jebreal stessa sono stato accusato di essere la quinta colonna di chissà cosa. Ma io dico: siccome faccio il giornalista e non il pizzicarolo, se ho una notizia che non la dovrei dare?». Ne è uscito un pandemonio. Ne hanno parlato tutti i giornali e il mondo politico. «Sconcertante. Siamo in un momento molto difficile a livello internazionale, con una guerra alle porte, E questi stanno a rimpallarsi la storia di Sanremo? Hanno fatto una sorta di processo di Norimberga. Sono rimasto senza parole. E poi la stessa Rula...ha detto a Repubblica di essere sotto choc...dovrebbe rendersi conto di aver esagerato, ancor più perché è esperta di questioni internazionali. Detto questo, la Rai ha il sacrosanto diritto di invitare chi vuole». I partiti della maggioranza, che non sono mai d'accordo su nulla, si sono schierati al suo fianco. «Sì hanno scambiato Rula per Madre Teresa di Calcutta. Però mancava la Boschi. Non ha detto nulla». Quale potrebbe essere il motivo? «E che ne so? Chiedilo a lei». Comunque, non c'è Sanremo senza polemica. «Ma sì, è sempre stato così. Se la prendevano con Berlusconi, oggi se la prendono con Salvini. Un'altra volta c'era quello che voleva buttarsi giù dalla balconata dell'Ariston. Poi il bello qual è? Dopo due giorni dalla chiusura del Festival nessuno ne parlerà più». Un rito laico? «No, è la sostituzione dello struscio di paese, quando additavi la gente di passaggio. Allo stesso modo, oggi ci mettiamo davanti alla televisione per fare il tiro a segno. Io non vedo l'ora di guardare Sanremo con i miei amici per fare battutacce. "Guarda quello com'è vestito"... "guarda quest'altra com'è rifatta"... "senti questo come stona"... Per questo più c'è casino e più sono contento. Ne chiamassero pure 20, 30 di Rula. Anzi, per me possono invitare pure i Casamonica, mi diverto ancora di più!». Lei dice che Sanremo serve per ridere. Però va anche detto che, negli ultimi anni, spesso sono stati lanciati messaggi sociali più o meno sempre nella stessa direzione. I nastrini arcobaleno Lgbt, l'accoglienza agli immigrati... «E chi se ne frega! Ma lo vedi che effetto ha avuto tutto questo? Oggi mezzo paese sta a vota' a destra. Perché alla gente non frega niente. Basta che ascolta le canzonette e si fa quattro risate. Sanremo peggio è, meglio è. Più è brutto e più ci divertiamo». Quindi, di fatto, addio Festival della canzone? «Ma per carità. Non lo è più da minimo vent'anni, ed era pure un'altra Italia. Quando si sono chiusi gli anni '80 ha cominciato a finire tutto».

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