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Altro che democratici: così Conte fa indigestione di fiducie

L'unico record del governo Conte bis: con quella sulla manovra con cinque le votazioni blindate solo a dicembre

Pietro De Leo
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Risuona ancora uno dei temi fondanti del presidente del Consiglio Conte, a settembre di quest'anno, quando chiedeva la fiducia al Parlamento sulle linee programmatiche. Ed era, quel tema, incentrato sull'abbassamento dei toni del confronto, sulla difesa delle istituzioni, in contrapposizione implicita a quell'esasperazione inaccettabile che, nella sua costruzione dialettica, era rappresentata dai sovranisti. E però, tre mesi dopo, ci troviamo in un fine anno assai turbolento. Con un ricorso tamburellante alla questione di fiducia per far passare le leggi. Ieri, la Camera ha approvato la legge di bilancio con fiducia. Qualche giorno fa, è toccato al Dl scuola, al Senato. E ancor prima, ha avuto l'ok in questo modo il decreto fiscale, collegato alla Legge di Bilancio. Per approfondire leggi anche: La manovra fa schifo. Tutti in fila a votarla In precedenza, il decreto clima e il decreto terremoto. Tutti passati con i voti di fiducia. Ben cinque provvedimenti dall'inizio di dicembre, ad appena tre mesi dal primo vagito dell'esperienza governativa rosso-gialla. Tanto che, nella cerimonia di auguri natalizi con la stampa parlamentare, il Presidente della Camera Roberto Fico aveva posto l'accento sul tema: «I presidenti di Camera e Senato non possono bloccare l'apposizione della questione di fiducia», ma «in questa legislatura ho già scritto al presidente del Consiglio dicendo che troppi decreti ingolfano il Parlamento e troppe fiducie, non c'è ombra di dubbio». Senz'altro, le questioni di fiducia strozzano il dibattito, accelerano i tempi e impediscono che siano espettorate le tensioni politiche interne ai partiti. Per questo motivo sono l'indice delle tensioni interne a una maggioranza. Per non parlare, poi, degli escamotage che questi voti offrono per approvare norme in via rapida e il più possibilmente indolore. Con quest'ottica si può leggere il tentato blitz sulla modifica della normativa riguardante la Cannabis. Al Senato, nel maxiemendamento alla legge di Bilancio, era stata contestato l'inserimento di quella norma che apriva alla vendita della Cannabis destinata al consumo diretto con un thc al di sotto dello 0,5%. La Presidente Casellati l'ha espunta, poggiandosi sul fatto che la Corte Costituzionale ha stabilito che quando si va a modificare in modo incisivo le condotte consentite in un determinato settore occorre un provvedimento apposito. Questo è un caso di scuola di come la questione di fiducia potrebbe, o avrebbe potuto, essere una scorciatoia legislativa. Nel contesto, va detto che la debolezza dei governi agevola la posizione delle questioni di fiducia, ed è per questo motivo che negli ultimi anni se n'è fatto ampiamente ricorso. E c'è una singolare coincidenza, peraltro, che si ricava leggendo i dati di Openpolis. Ossia che proprio a dicembre dello scorso anno il governo Conte 1, che vedeva alleati Movimento 5 Stelle e Lega, aveva posto la questione di fiducia su 5 provvedimenti, gli stessi dell'Esecutivo attuale. Peraltro, se per quest'ultimo è ancora è presto per fare delle percentuali di ampio spettro, quello precedente regala una piccola sorpresa. È ancora vivo il ricordo di quanto rovinosamente cadde nella crisi d'agosto. Eppure, dopo il primo anno di mandato era quello con la percentuale più bassa di voti di fiducia in rapporto alle leggi approvate, appena il 21,28%. Nel corso dell'ultimo decennio, ad aver i picchi più alti furono quello guidato da Mario Monti, con il 46,59, e subito dopo da Matteo Renzi con il 45,95. All'ultimo posto, invece, fu quello del centrodestra berlusconiano che si attestò sul 22,06. Ironia della sorte, ad avere quindi i tassi più ridotto sono proprio quei governi che, per la presenza di leader di centrodestra, sono stati grandemente accusati di usurpare la democrazia.

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