Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La tegola russa terrorizza i leghisti. Vogliono incastrare Matteo Salvini?

A Milano e in Parlamento da giorni circola l'indiscrezione di ulteriori sviluppi dell'indagine su Savoini. Carroccio sul chi va là

Pier Paolo La Rosa
  • a
  • a
  • a

Da alcuni giorni nei corridoi ovattati di Camera e Senato circola con sempre più insistenza una voce, secondo cui la Procura di Milano potrebbe tornare alla carica, già nei prossimi giorni, contro Matteo Salvini, per il presunto negoziato condotto all'hotel Metropol di Mosca tra Gianluca Savoini ed altri personaggi italiani e russi per far arrivare alla Lega un finanziamento di 65 milioni di dollari attraverso la vendita di petrolio. Un'accusa di corruzione internazionale che all'epoca era stata rilanciata, con tanto di pubblicazione di un audio, da parte del sito statunitense Buzzfeed. Leggi anche: Russiagate, Salvini su Savoini: persona per bene, dimostrate il contrario Sarebbe in arrivo, quindi, un ulteriore passaggio dell'inchiesta, che potrebbe avere il suo sbocco subito dopo Natale. Indiscrezioni degne di credibilità - come assicurano fonti parlamentari interpellate da Il Tempo - per mettere in difficoltà il leader del Carroccio. Del resto, le indiscrezioni sono state riprese dallo stesso Maurizio Belpietro che su La Verità di ieri ha scritto che la Procura meneghina "starebbe per prendere qualche clamorosa decisione", tanto che "diversi cronisti d'oltreoceano", come ad esempio quelli del New York Times, "avrebbero già piantato le tende" in città, "in attesa delle rivelazioni". Insomma, non sono bastate le indagini di magistrati più o meno zelanti sugli sbarchi di migranti delle Organizzazioni non governative, non è stato sufficiente l'avviso di garanzia recapitato dai pubblici ministeri capitolini al segretario leghista per abuso d'ufficio per un asserito uso di voli di Stato per fini privati quando era vicepresidente del Consiglio e ministro dell'Interno, senza dimenticare naturalmente la vicenda dei presunti 49 milioni di euro di rimborsi elettorali andati al partito e la in parte annessa questione relativa ad alcuni finanziamenti che sarebbero stati ricevuti da un'associazione ritenuta vicina a Roberto Maroni all'epoca della campagna elettorale per le Regionali. Grane giudiziarie non da poco, certo, ma che non sembrano preoccupare particolarmente Salvini. Ma quest'ultima voce sulla faccenda Metropol pare spaventi - eccome - più di qualcuno tra i parlamentari leghisti. «Non ho letto l'articolo in questione, mi sto occupando d'altro, tra poco devo fare la dichiarazione di voto sulla legge di Bilancio», ci diceva sempre ieri con il suo consueto tono affabile il capogruppo a palazzo Madama, Massimiliano Romeo. Eppure, alcuni sostengono che la recente presa di posizione del numero uno leghista - quell'appello lanciato a tutte le forze politiche per dare vita ad un Comitato di salvezza nazionale, ad un tavolo «per fare quelle quattro-cinque cose di cui il Paese ha urgentemente bisogno per evitare che vada a sbattere» come la tutela del risparmio, la messa in sicurezza e la ripartenza delle infrastrutture, il taglio della burocrazia, le politiche di crescita e la tutela della salute, con sostanziale via libera, confermato da Giancarlo Giorgetti, all'ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi per palazzo Chigi - possa essere davvero letta in questo caso come un tentativo di smarcarsi, di uscire dall'angolo, di «aprire» per Salvini una volta per tutte alla maggioranza ed al governo in previsione di questa possibile, ennesima, immediata tegola. Altro che mossa in funzione per oscurare dal punto di vista mediatico il movimento delle Sardine, come alcuni affermano.

Dai blog